lunedì 30 settembre 2013

IMPARARE A RICORDARE - LA MORTE NELL'INCAL 4

Ove Tenebrae!

4. L’accettazione della morte


Una delle strutture di base dell’Incal[1] risiede nel gioco di specchi e di duali corrispondenze.
In questa prospettiva sia l’accettazione della morte che la sua negazione possono essere interpretati in senso positivo o negativo.

Come abbiamo detto i Tecnos sono i rappresentanti e creatori del potere tecnologico. Essi sono devoti della tenebra e agiscono per il suo ritorno; sono organizzati in una vera e propria setta, una religione in un universo che non conosce Dio, con una struttura gerarchica al cui vertice planetario si trova un Tecno-papa: un riflesso rovesciato delle religioni "positive".
Ed è simbolico il fatto che la maggior parte dei loro prodotti robotici derivi dal riutilizzo di parti di cadaveri.
Jodorowsky racconta un universo che, lo ricordiamo, ha dimenticato del tutto l’esistenza di un Dio[2]: quasi ci vuole indicare che in esso il punto di partenza e di arrivo di questa tecnica futuribile non è solo la morte, ma una morte inutile e non creatrice.
Non un passaggio ad un nuovo stato ma il ritorno alla stasi.
Che significa pregare?
Tale diffidenza del poeta cileno nei confronti della tecnologia si può forse ricollegare a due dei caposaldi della sua Psicomagia: l’importanza da lui data al sogno lucido e alla capacità dell’uomo di sognare la propria realtà ed il proprio universo, modellandoli secondo la propria volontà e senza limitazioni [3].
Un affidarsi ai macchinari, alla loro precisione e alla loro capacità di compiere azioni per noi, rappresenta un freno alla nostra capacità di trasformare la realtà in  maniera autonoma.

In contrapposizione all’accettazione di una morte negativa degli adoratori della Tenebra, troviamo un sacrificio volontario rivolto alla salvezza: quello dei sei amici di John nel capitolo finale dell’Incal.

 


Tutti scelgono di dare la propria vita perché l’Incal possa respingere l’attacco della Tenebra, e la Galassia Che Sogna possa sconfiggere il proprio nemico. Questo Sogno nasce dal Sonno Teta... ma il sonno non è il fratello della morte?
Gli altri scelgono di superare sé stessi, donandosi per gli altri [4], ma Difool che non sa accettare questo sacrificio, non è pronto, non è consapevole.
John rifiuta la morte, ma lui non è più parte della realtà che sta mutando nel sogno: ne è il Testimone.

Ma sul rifiuto della morte parleremo più estesamente nel prossimo post.


[1] I Misteri, cit., pag. 53
[2] Lo si intuisce in Incal V, 41.
[3] Si veda tutto il capitolo III di Jodorowsky, Psicomagia. Una terapia panica, 1995, in Italia edito da Feltrinelli; si leggano in particolare le pagg. 54-55 

“Il sogno lucido mi ha insegnato a muovermi all’interno di una realtà duttile in seno alla quale si può produrre qualsiasi mutamento, qualsiasi trasformazione. Dipende soltanto dalla mia intenzione… La ‘realtà’ non esiste di per sé; istante dopo istante sono io che creo la mia realtà, allegra o sinistra, monotona o appassionante”.
[4] Vangelo secondo Giovanni, XV, 13. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.

Le immagini non mi appartengono e sono tratte da Jodorowsky\Moebius, L'Incal, Edizioni Di; queste, insieme alle citazioni elencate, sono qui riportate a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.

domenica 29 settembre 2013

IMPARARE A RICORDARE - LA MORTE NELL'INCAL 3

Tanatah, Kill, il Metabarone e la violenza della morte

 3. Le molte facce della morte


Come detto, nessuna morte nell’Incal è “normale”.
Tranne nel caso dell’ultimo Berg-pappagallo (Incal VI, 10), tutte le morti sono violente, sia che si tratti di suicidi nel Viale della Città Pozzo, sia che si tratti di omicidi.
E diverse sono le concezioni della morte, e i personaggi legati ad esse.

E’ interessante innanzitutto notare che due personaggi richiamano direttamente la morte fin dal nome: Tanatah, simile a Thanatos, incarnazione della morte presso i Greci; e Kill Testa di Cane, l’assassino.

Per Tanatah la morte è un mezzo per arrivare al potere: uscita dal centro del pianeta, organizza l’Amok per i propri fini, e scatena una sommossa alla caccia dell’Incal, un tempo a lei affidato.
E’ la corrispettiva di Animah, sua sorella, e inizialmente assume nel gioco dei dualismi dell’Incal il ruolo di nemica mortale di John Difool. Per John si crea quindi il dualismo psicologico del connubio tra Amore (Animah) e Morte (Tanatah) [1]
La chiave di interpretazione di quest’ultima si trova solo nello scontro finale con la Tenebra (Incal VI, 32):  la “violenza criminale [di Tanatah, ndr.] è solo energia creatrice primordiale”, rivela l’Incal.
La morte come energia per la rinascita
E a questo proposito non si può dimenticare che per Jodorowsky “la violenza è la vita stessa… il sole è una grande violenza, la vita è una grande violenza” [2]. Non deve stupire quindi che, nel corso della vicenda, Tanatah da nemica di Difool (la morte come spinta dinamica, la morte di qualcosa che diventa qualcosa di nuovo) diventi sua alleata nella lotta contro la Tenebra (la morte statica, l'entropia, che non va oltre sè stessa).

Kill è un mutato.
Egli rappresenta gli istinti bestiali dell’uomo: il fatto di essere un cinocefalo (ovvero con la testa canina) lo avvicina anche ad Anubi, il dio Egizio che accompagnava i morti. Anche lui è un avversario di Difool ed è pieno di risentimento nei suoi confronti. Come capo dell’Amok si distingue nella sommossa per la spietata ferocia con cui conduce gli attacchi.
 Ma durante la discesa nel cuore del pianeta, accetterà di riporre la sua aggressività nei confronti di John, e diverrà suo alleato.
Nel momento cruciale, anche la sua bestialità rivelerà il suo ruolo nell’universo, un ruolo di tramite tra l’uomo e la natura simbolizzata dalla sua duplice natura: “Kill, la tua bestialità diventa dominatrice del reale!” (Incal VI, 32).
il Metabarone
Per il Metabarone la morte fa parte della sua indole ed del suo addestramento, è un elemento connaturato al suo essere.
Discendente di una Casta dedita alla sublimazione dello sterminio come esibizione della propria perfezione di guerriero[3], può inizialmente vivere solo in quanto uccide: l’ultima prova dell’iniziazione di un nuovo Metabarone è l’uccisione del proprio padre in un duello [4].
Ma dopo una vita di uccisioni su commissione egli trova un’alternativa: la protezione di Solune, affidatogli da Animah. Ed è quindi solo apparentemente curioso che il Metabarone, di cui tutti nell'Incal nutrono una grande paura per la sua spietatezza, in tutti e sei i volumi uccida solo per autodifesa o per proteggere Solune [5].

La Tenebra è “la forza negativa accumulatasi nel cuore dell’uomo” (Incal VI, 42).
Più che la negazione della vita, la Tenebra sembra rappresentare la staticità della pre-vita, le acque sulle quali aleggiava lo spirito di Dio prima della creazione. Lo scopo dei Tecnos che la venerano è infatti un ritorno del cosmo alla “sua oscurità immacolata” (Incal II, 5), alle Tenebre che, secondo la tradizione ebraica, ricoprivano l’abisso prima della Genesi [6].
Annestay [7] in essa vede un “vicolo cieco in un processo che permette di non vedere più la realtà, è l’annullamento tramite la follia”. A noi, invece, più che altro sembra un ritorno negativo alle origini, un ritorno alla stasi della non-vita/pre-vita (di una “non-violenza”, una “non-lotta” non in senso gandhiano ma Jodorowskyano).

Ma la vita ha bisogno del dinamismo secondo Jodo, così come Nietzsche disse che l’uomo deve essere guerriero: quindi il ritorno alle origini non può essere il ritorno all’incoscienza, ma un ricominciare più consapevole, che passa tramite l’accettazione della morte.

E proprio l'accettazione della morte sarà l'argomento del prossimo post.


[1]  Lo stesso legame amore/morte si ritrova in Barbarah, la Protoregina dei Berg: dopo l’amplesso che dà vita alla nuova generazione di Berg, essa uccide il suo compagno, in Incal IV, 42-47.
[2]  M. Monteleone, La talpa e la fenice – Il cinema di Alejandro Jodorowsky, Granata Press, 1993, pag. 69
[3] Vedi la storia breve ne I misteri, cit., pagg. 55-62, e i volumi di Jodorowsky-Gimenez, La casta dei Metabaroni, in Italia edita da Alessandro.
[4] Un’uccisione reale, non psicologica: un superamento del complesso di Edipo alla massima poten-za.
[5] Le uniche eccezioni sono proprio John e Deepo in Incal II, 31, ma in quel caso era indirettamente in gioco la vita di Solune.
[6] Genesi, I, 2
[7] I misteri, cit., pag. 30.


Tutte le immagini non mi appartengono, ma sono tratte da Jodorowsky\Moebius, L'Incal, Edizioni Di, e come le citazioni da altre opere, sono qui riportate a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.

venerdì 27 settembre 2013

IMPARARE A RICORDARE - La morte nell'Incal 2


1.    La morte come meccanismo narrativo


L’Incal è impostato come un romanzo d’avventura, con una sapiente miscela di alcuni suoi sottogeneri come il giallo e la Science Fiction.
Il ritmo serrato della narrazione si fonda su un piano generale che si svela lentamente agli occhi del lettore, nascosto sotto l’apparenza di una serie pressoché ininterrotta di colpi di scena e di situazioni cliffhanger: i personaggi sembrano ripetutamente senza via d’uscita, ma si salvano (o vengono salvati) all’ultimo istante.
Le azioni del protagonista John Difool, ad esempio, sono quasi sempre determinate da un meccanismo “pericolo di morte – salvezza - nuovo pericolo” [1]:



a ben guardare egli sfugge (quasi sempre all’ultimo istante) a una morte pressoché certa almeno venti volte nel corso delle duecentonovantuno tavole dell’opera, e per ben quattro volte muore effettivamente!


Abbiamo riportato i numeri solo per dare un esempio della frequenza di questo “fenomeno”, ma nell’Incal leggiamo come anche altri personaggi subiscono questo destino (l’Imperoratrix, i sei compagni di Difool…), e che a questo spunto narrativo della “fuga dalla morte”, tipico del feuilleton,  si aggiunge spesso quello altrettanto tipizzato della “Discesa agli Inferi”, caratteristico del genere fantasy[2]: ad esempio lo vediamo nell’immersione dentro il pozzo d’acido, ad Aquaend, nella discesa di Solune/Incal nella Tenebra dentro la mente del Tecnocentratore e così via.


La morte (o il suo rischio) sembrerebbero quindi il motivo dominante dell’opera se non che…

Se non che tale meccanismo narrativo, tutto sommato abbastanza semplice, è diffusissimo soprattutto nei primi volumi dell’opera, per scomparire quasi del tutto in seguito.

Se sopportate “l’aiuto dei numeri”, potrete vedere come John sia a rischio di morte ben undici volte nei primi due episodi (e muore/viene ritenuto morto per ben tre!), e solo tre volte negli ultimi due (e non muore mai).
Questa disparità nell’uso dell’artificio narrativo può essere dovuto sia alla sua abbondante ripetizione nei primi volumi (e quindi alla stanchezza che esso può generare nel lettore), sia al fatto che dal terzo volume ormai tutti gli elementi del quadro sono stati finalmente presentati, non è più necessario “tenere incollato alla pagina” il lettore con il desiderio “di vedere come se la cava stavolta l’eroe”, e la storia può procedere con un respiro più ampio.


In effetti sembra necessario tenere maggiormente in considerazione questo secondo motivo: nonostante gli attestati di disimpegno nella creazione della storia, è evidente che (almeno inconsciamente) Jodorowsky abbia trasferito sulla pagina il risultato delle sue riflessioni filosofiche e del suo immenso bagaglio esoterico. Ma Jodo è un ottimo imbonitore e conosce vizi, virtù e segreti dell'arte: come non pensare che si sia reso conto che l’operazione poteva risultare piuttosto ostica per i lettori?


Ecco quindi che il ritmo della narrazione avventurosa (con la sua caratteristica principale: il rischio) serve a tenere desta l’attenzione del lettore concentrandola inizialmente su una trama apparentemente lineare, per fornire in maniera lenta i tasselli indispensabili per affrontare la parte più complessa dell’opera.
Quando il rischio di morte (o la morte) dei personaggi riapparirà negli ultimi volumi, avrà così un significato e una funzione narrativa ben diversi da quelli iniziali.



Nel prossimo post... Le molte facce della morte nell'Incal! Non perdetevelo! 


PS: di fronte alle minacce del Giocher, la pubblicazione delle diverse parti dell'articolo procederà spedita. Mai vorrei che il Giocher si dispiacesse e per questo rallentasse la **sua** produzione sul blog di Cinematografia Patologica. Come? Non conoscete Cinematografia Patologica?
Empi!
Che l'Imperoratrix vi prenda! Cliccate qui e divorate le recensioni su capolavori del Grande Schermo noti e meno noti!

[1]  Ad esempio nel primo volume (L'Incal Nero) la sequenza delle tavole 17-24: John sfugge alla folla (che vuole ucciderlo solo) perché il commando Berg e poi quello dei mutanti attaccano; ma nella fuga viene catturato dai Gobbi del Prez. Portato nel palazzo volante rischia la morte, ma si salva all’ultimo istante grazie all’Incal solo per finire nella Città-Tecnos dove sta per essere sezionato… e il ciclo ricomincia.

[2] tra le più celebri "discese agli Inferi" fantasy\avventurose ricordiamo Ulisse nella Grotta di Polifemo (Odissea), la discesa nell'abisso del Jokull (Viaggio al Centro della Terra), l'attraversamento delle prigioni di Khorshemish da parte di Conan (La Cittadella Scarlatta), Frodo e la Compagnia dell'Anello a Moria (Il Signore degli Anelli - La compagnia dell'Anello). E come dimenticare il "Mondo perduto" sotterraneo esplorato da Tex ne "le terre dell'abisso" (Tex Gigante n° 46-47) o l'anticamera dell'Inferno de "Il signore dell'Abisso" (Tex 101-103)?

Le tavole e le citazioni dei testi sono tratti da Jodorowsky-Moebius, L'Incal Nero, Edizioni Di, e sono di proprietà dei rispettivi autori ed editori; sono qui riportate a mero corredo dell'analisi. Questo blog non è a fini di lucro.

giovedì 26 settembre 2013

IMPARARE A RICORDARE 1 - La morte nell'Incal, una introduzione


IMPARARE A RICORDARE 

MORTE ED ETERNO RITORNO

NELL’INCAL


(ATTENZIONE! IN QUESTO ARTICOLO E NEI SCCESSIVI CI SONO SPOILER!)

Dalla trasposizione della Grande Opera Alchemica ai legami con cabala e psicoanalisi: nell’Incal di Jodorowsky e Moebius si possono trovare molti spunti e molti significati… ed è anche possibile non trovarne nessuno!
Lo stesso Alejandro Jodorowsky , il poeta/artista/regista/attore russo/franco/messicano/cileno che ha sceneggiato il fumetto, ha infatti affermato: “Non ho scritto l’Incal per diffondere un messaggio… ma solo per raccontare un‘avventura”. 

Ai testi: Jodo

Ma “Jodo” a volte è un imbonitore, sempre un attore, volentieri un narratore, in ogni momento un demistificatore: anche stavolta potrebbe non aver detto (tutta) la verità… Qui abbiamo scelto di pensare che l’Incal, come tutte le grandi opere, abbia ben più di un messaggio.
In particolare abbiamo scelto di analizzare il ruolo che gioca la morte (o il suo rischio) all’interno dell’opera, collegandoci alla filosofia di Jodo e ad alcuni suoi riferimenti culturali: l'obiettivo è di verificare se le sue convinzioni si siano trasferiti su tante pagine del suo fumetto.

Art: Moebius
La  morte è infatti uno dei temi che attraversano tutto il ciclo, un tema portante: nella prima tavola il protagonista John Difool fa un volo mortale verso il fondo di un pozzo, e la storia si conclude col sacrificio
dei compagni di John per permettergli di arrivare in contatto con Orh... salvo poi proseguire fino a una conclusione ad anello, con la ripresa della tavola iniziale.

Come accade anche altrove nelle opere di Jodo, la morte nell'Incal è un motore dell’azione, un agente di cambiamento.
Può essere rifiutata o accettata, ma non ha mai aspetti di “normalità”.

Seguiteci in questi post: proveremo a spiegarvi perché.

DiFool ne Pozzo dei Suicidi

Le immagini non sono di mia proprietà, ma sono tratte da J. Annestay, "Prima dell'Incal" Editori Del Grifo e Jodorowsky-Moebius, L'Incal Nero, Ed. Di, e sono qui riportare a puro corredo dell'articolo. Questo blog non ha fini di lucro.

domenica 22 settembre 2013

Nuovi Dei per l'oggi e il domani.
"Viviamo nelle storie che ci raccontiamo. In una cultura secolare razionale e scientifica priva di una convincente guida spiritual, le storie dei supereroi parlano a voce alta e con coraggio alle nostre più grandi paure, ai desideri più profondi e alle più alte aspirazioni. Non hanno paura di avere speranze, non si imbarazzano ad essere ottimiste e sono assolutamente senza paura nell'oscurità. Sono quanto di più lontano ci sia dal realismo sociale, ma le migliori storie di supereroi toccano direttamente gli elementi mitici dell'esperienza umana che ci riguardano da vicino, in modo fantasioso, profondo, divertente e provocatorio"
Da Grant Morrison, "Supergods" (2011) - Introduzione


Questo post è apparso anche QUI , ovvero Mitika!, il mio blog sui miti

martedì 3 settembre 2013

Cose da fare in USA...

Comprare fumetti di qualità e farsi foto imbarazzanti da FAO Schwartz, New York City.
E non sentirsi degli idioti mentre la si fa.


PS: c'era Tony Stark o un suo dipendente dentro l'armatura! Non era una statua!