domenica 28 luglio 2013

La recensione che non ti aspetti! - Sprawloqui 1

CAMMINI E DISTANZE
(ANALIZZANDO SPRAWL)

Lazing on a Sprawling afternoon


PRIMA DOVEROSA PREMESSA – 
LA RECENSIONE COME VERITA' DEFORMATA

Cosa occorre per realizzare una recensione che abbia un qualche valore?
Si potrebbe rispondere: un certo rigore formale; un minimo di vocabolario tecnico; un po' di occhio critico. E tanta obiettività.
I rischi di fare recensioni

O forse no.

Forse l'obiettività, nelle scienze umane, è un mestiere che non si impara mai in modo definitivo. E' un'arte sempre in bilico, un equilibrio raggiunto a fatica ogni volta e sempre in discussione. L'obiettività risponde a un'esigenza di distanza dall'oggetto studiato che nelle scienze umane non si può  mai avere del tutto. Soprattutto nelle recensioni: si recensisce ciò che, per qualche ragione, a nostro soggettivo e inappellabile giudizio ha attirato la nostra attenzione e richiede un nostro giudizio. 

La deformazione e i suoi pericoli
Così, forse, invece che appellarsi a una pretesa, impossibile separazione netta, a un punto di vista divino e atemporale, ogni volta che scriviamo una recensione dovremmo specificare che tipo di lente abbiamo usato, a quale distanza abbiamo visto la nostra opera, quale è il nostro grado di deformazione e di coinvolgimento.
Così il lettore, purificato dall'illusione dell'obiettività e dal contrario timore della non-obiettività, è libero di recensire la recensione, di valutare ciò che ogni critica è: il punto di vista del critico, non la verità assoluta.
Leggere una recensione, insomma, diventa una duplice attività: farsi un'idea dell'opera di partenza, e farsi un'idea del recensore.

“La sincerità invece che l'obiettività”. Questo potrebbe essere il motto del recensore… sincero.
Una sincerità, che può essere vera o talvolta semplicemente dichiarata: capire questa sfumatura è compito del lettore. Perché il recensore che si propone la sincerità, può non essere consapevole fino in fondo dei suoi limiti. Come si può spiegare un colore a chi è cieco dalla nascita? Noi vediamo con i nostri occhi, vediamo con le capacità della nostra retina. Possiamo abbozzare, intuire, un eventuale errore, accettare suggerimenti di occhi altrui che fanno vedere ciò che non sappiamo vedere da soli. Ma un disciplinarsi può superare realmente la percezione?
Percezioni... distorte.
Non si rischia di essere come quei docenti consapevoli di avere un pregiudizio nei confronti di alcuni alunni (positivo o negativo che sia questo “effetto alone”)? Questa consapevolezza li porta ad arrovellarsi: quel 6 in un tema è stato dato invece che un 5 perché si è prevenuti oppure no?
Ancora una volta: al lettore della recensione l’arduo compito di rispondere e di valutare.

Tutto questo per poter arrivare alla lente che mi deforma la visione di Sprawl, “virtual manga”.

Sprawl mi ha fatto un po' male?
La mia prima lente è dovuta al fatto che io ho avuto un rapporto di collaborazione di dodici anni con Massimo Dall'Oglio, l'autore unico di questo fumetto finora solo digitale; e ora ho interrotto i rapporti con lui.
Si aggiunga che, dal mio punto di vista, le responsabilità di questa distanza sono da ascrivere più a lui che a me. Inoltre, la faccenda è stata molto dolorosa per il carico di aspettative sulla collaborazione e sulla persona che ho maturato in questo lunghissimo periodo di tempo.




In secondo luogo leggo poco (e male) i manga giapponesi. Ne consegue che ho una conoscenza molto superficiale del vasto mondo di quello che viene chiamato global manga.
Sprawl è anche un fumetto con modelli giapponesi

In terzo luogo il cyberpunk è un genere che non amo in modo particolare. Il Gibson di Neuromante mi ha annoiato assai, a suo tempo. Matrix mi ha esaltato, ma si è perso in quella che sembra la deriva inevitabile dei presupposti dati dal cyberpunk stesso: il gioco delle scatole cinesi (o giapponesi) senza fine, in un buddhismo semplificato e rimasticato in salsa occidentale. Un cammino che sembra saper vedere solo lo schermo (la Maya, l'illusione), ma non la via di uscita dall'illusione stessa (la via dell'ottuplice rinuncia, il nibbana), in nome di una pretesa, impossibile, sciocca fusione col mondo.
Un buddhismo che diventa malinteso dantismo cattolico [1].
Malinteso Buddhismo ovunque

Questi sono i miei (cann)occhiali: certo non mi fanno vedere meglio di altri, ma mi forniscono la mia unica visione possibile in questo momento. Non le ricorderò  oltre al lettore di questa recensione: sia il lettore a ricordarsele.

Perché una recensione non è un atto di fede: è sempre una proposta di dubbio.


[1] il vero dantismo (cattolico) beninteso ha una dignità assoluta, così come ogni filosofia ben ponderata. Dante è uno dei vertici dell’umana intelligenza, una giustificazione bastevole per l’esistenza dell’uomo, per dirla alla Borges.
Ma oggi sembra quasi che il modaiolo pseudo-mistico con sfumature nextage sia la regola. Vedi “Magic Shop” di Franco Battiato da “L'era del Cinghiale Bianco”.

PS: immagini e testi riportati non sono di mia proprietà. Questo blog ha fini di recensione, non di lucro!

5 commenti:

  1. Grandioso incipit.Si dovrebbe metterlo in capo ad ogni pezzo scritto in cotal guisa.

    E mi si permetta di plaudere per la ponderosita' dell'opus magnus:
    IN CULO LA BREVITA' del TESTO!!

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Grazie Giocher!
    La sintesi non è nelle mie corde :-p
    Eug

    (oppebbacco, c'è un commento eliminato!)

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  4. Tutti sti pipponi per dire che hai smerdato (recensorialmente parlando) il lavoro di un amico? E sti caxxxi alla faccia della sintesi, dono primo degli scrittori.

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  5. Dear
    ahimè non sono uno scrittore sintetico, come Proust, Borges, Dante, Cervantes, Tolkien... anche se loro agivano su livelli celestiali, io faccio recensioni\analisi :-)

    Ci sono due errori:
    a) non ho smerdato recensiorialmente parlando. Ho detto ciò che secondo me va e ciò che secondo me non va in un'opera e in un progetto (forse, spaventato dalla mole di parole non hai letto che dico che è valida :-D )
    b) un amico? Su FB fino a marzo\aprile, se vogliamo usare questo termine che, come "compagno", recentemente è stato tanto usato (a sproposito) da essere ormai l'ombra di quello che era.

    Cmq: se ti va di leggere fino in fondo e dirmi cosa non funziona in queste pagine con qualche parola in più, sarò lieto di leggerti e se posso, risponderti. E non sono affatto ironico, ma sincero :-)
    Questa eccessiva sintesi della tua obiezione va bene, certo, e la accetto.
    Ma ammetterai che, nella sintesi, tocca un solo punto di ciò che ho scritto (è valida? non è valida? Ho capito male l'opera? Tu l'hai letta e la pensi diversamente?)

    A presto
    Eug

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