mercoledì 14 marzo 2012

Fida Dida 2 - Verba et scripta (Meno 12.3 al BigT)


E, dopo un po' troppo tempo, torniamo alle didascalie e al loro uso.

Come avevo accennato, in DanG.E.R. la mia intenzione era quella di inserire nelle didascalie la "voce fuori campo".
Non una didascalia da narratore onnisciente, il luogo\data o "Nel frattempo..." così classici da Tex. No, volevo che le didascalie fossero il resoconto delle parole dette o pensate da un personaggio, una potenzialità linguistica che può nascere solo dalle potenzialità dei media che uniscono parole a immagini.
Dovevano legarsi alle immagini per analogia di somiglianza o di contrasto, oppure arricchire l'introspezione del parlante attraverso il pensiero "straniato" rispetto all'azione descritta.

Mica facile farlo bene, ma i buoni maestri da cui imparare ci sono.

Nel mio amato "Scrubs" JD fa commenti che trovano rispondenza nelle immagini che possono non averlo di fronte. Si tratta dei suoi pensieri, che danno il fil rouge di tutto l'episodio, e infatti dominano fin dalla prima scena "vera" dell'occasionale trama.

Alan Moore, in quella fonte pressoché infinita di illustrazione delle potenzialità del fumetto che è Watchmen... (e qui devo riprendere: periodo troppo lungo e pomposo, ma visto che parlavamo di Watchmen ce lo dobbiamo permettere).

Restart.

In Watchmen, Alan Moore usa diverse volte la "voce fuori campo".
Non trascrive il pensiero, ma riporta parole effettivamente pronunciate (concessa la sospensione dell'incredulità, ovviamente)... o scritte altrove.
E rafforza la sperimentazione abolendo completamente la didascalia informativa e onnisciente.

Il suo procedimento è quello di sottolineare in modo analogico (per somiglianza o per opposizione, appunto), attraverso la voce esterna, le immagini o gli altri discorsi fatti in una singola vignetta.
Insomma: come JD potrebbe dire che a volte le coppie litigano, e le immagini (e le voci "in diretta") ci riportano un litigio tra Carla e Turk, così Alan Moore usa le didascalie.

Le didascalie proseguono un discorso autonomo, staccato eppure unito a ciò che accade nella vignetta.
Per indicare che nulla avviene per caso, che tutto è interrelato, probabilmente.

In fondo Watchmen è un fumetto corale, un esempio di sincronicità, un meccanismo a orologeria, no?

In realtà lo stregone Alan vuol giocare col medium fumetto, e quindi non si limita a una sola modalità di voce esterna.

Innanzitutto va chiarita l'affermazione di sopra.

Pensieri e parole (scritte).

Perchè il piano della voce fuori campo è molteplice.

Le didascalie possono riportare:
1) Il Diario di Rorschach;
2) Il testo (in didascalia di pensiero nell' "originale"!) del fumetto dei pirati, cioè degli albi "Le storie del Vascello\Mercantile Nero";
3) Dialoghi effettivamente pronunciati in un'altra scena che proseguono, come voci fuori campo, su vignette che riportano flashback o scene contemporanee che però si svolgono altrove;
4) Il diario del Dottor Long (lo psichiatra che esamina Kovacs\Rorschach in prigione);
5) Pensieri veri e propri del personaggio in scena (capitolo IV, ma lì il Dr. Manhattan è da solo su Marte e "vede" la sua storia);
6) Il capitolo VII, che apparentemente ne è privo. Ma, a leggere bene, a casa di Dan la televisione fa da voce in sottofondo, a contrappuntare, appunto (e scusate il bisticcio), ciò che avviene "in primo piano". Benché tecnicamente l'audio della televisione non sia un fuori campo, tuttavia la sua funzione narrativa e linguistica è la stessa.

Pian piano vedremo esempi di tutte queste tecniche.

PS. Da notare che un solo episodio non ha la voce fuori campo: è il XII e conclusivo, dove però non c'è alcun flashback e dove si ricostruisce l'aristotelica unità di luogo.
Ma qui tutti i personaggi sono praticamente nello stesso luogo: a che pro, quindi, la voce fuori campo?

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