Correva l'anno 2005. La gloriosa fanzine Clark's Bar era defunta da un po' quando alla mente del mai troppo elogiato Roberto Ledda venne in mente di celebrare la sua dipartita con un numero “Epitaph” che avesse come argomento la MORTE nel fumetto. E così anche il sottoscritto scrisse alcune riflessioni poco serie su un argomento serio. E la prima di queste riflessioni la riprendo qui, con solo un minimo di revisione editoriale. Che ci volete fare? Il tempo è poco, prima che la Grande Consolatrice venga a farci visita, e altri impegni scrittorii mi impediscono di lavorare come si deve alle grandi recensioni di fumetti online che aspettano da un po'...
L'intro a questi articoli la trovate QUI, scusate per il pasticcio di pubblicazione!
1. La vecchiaia impossibile
“Tata, non
sono bambini, sono tutti grandi!”
“Sciocchino,
SEMBRANO solo così…”
Nanny, parlando
degli X-Men in Uncanny
X-Men n. 248
Dicevano i greci che chi è caro
agli dei muore giovane, e ciò era particolarmente vero per gli
eroi. Il mito di Nestore, della vecchiaia serena, rispettata e
tranquilla, era meno attraente di quello di Achille che scelse una
vita breve e gloriosa invece che lunga e oscura.
E i supereroi USA?
Di solito sognano una
vita come Nestore ma fanno la fine di Achille…
Coerentemente con la
scelta eroica, i super non muoiono della morte più diffusa, ovvero
quella di vecchiaia (più o meno malandata)… perché non possono
invecchiare.
Ora abbiamo supereroi
vecchi solo nel fantastico (?!) mondo degli Elseworlds, delle
realtà alternative. Esattamente come nelle soap operas[1]
il tempo sembra passare MOLTO lentamente, anche nel
mondo dei Super il tempo è una cosa strana, magari manipolabile da
un Time Trapper qualunque, ma sostanzialmente immobile.
Un esempio? Tony Stark
divenne Iron Man durante la guerra di Corea… anzi no, in Vietnam…
anzi, no in un imprecisato paese del Sud-Est asiatico che è meglio
non specificare perché altrimenti la Marvel dovrebbe cambiare di
nuovo paese… e guerra[2].
Jean Grey/Fenice muore
“definitivamente” per la prima (o seconda?) volta nel 1980 a 24
anni (è nata nel 1956[3]); essendo risorta più volte, la
gnocchissima Jean oggi avrebbe la bella età di quasi 60’anni; ben
tenuti, certo, e con qualche annetto di stasi che effettivamente
potrebbe avere un effetto sulle rughe (se trascuriamo le maschere di
bellezza telecinetiche cui si autosottopone la notte per tirarsi su
il seno), ma a questo punto… quanti anni ha il buon Prof X?
Se aveva ALMENO 25 anni
quando Jean si è recata per la prima volta alla scuola per giovani
dotati (uhm… diciamo almeno 15 anni?), il Prof va per i 70… E non
li dimostra. Che sia colpa del gene X? Che si facciano tutti
trasfusioni di sangue da Wolverine, per suggere un po’ del suo
fattore rigenerante (utilissimo in caso di macchie della pelle) e
campare tranquilli?
Insomma: il mondo odia i
mutanti perché hanno superpoteri o solo perché non invecchiano e
risparmiano perfino sul chirurgo?
Fuor dalle facezie: il
mondo dei supereroi è un mondo sostanzialmente immobile nel tempo.
Si danno dei presupposti magari ancorati alla realtà (Magneto ha
conosciuto l’Olocausto, Tony Stark ha combattuto in Corea, Superman
ha fatto la Seconda Guerra Mondiale[5]), ma tutto viene
messo a tacere nel giro di un mese. Perché il mondo corre, e i
personaggi non possono correre con lui, perché invecchierebbero e
poi dovrebbero morire… Per cause naturali, ovvero
irrimediabilmente.
E invece finché i
personaggi riescono ad (at)tirare, occorre che rimangano
sostanzialmente uguali a sé stessi. Beh, sì, c’è il trucchetto
del clone e del Mutante Alpha che riporta Magneto all’infanzia, ma
è pur sempre un trucco che non si può tirare troppo alla lunga (e
non per tutti).
I Fantastici Quattro sono
figli del 1963, c’è poco da fare: il presupposto dei FQ è
arrivare nello spazio prima dei “maledetti rossi”[6],
e questo deve seguire di poco il volo di Gagarin e precedere lo
sbarco sulla Luna.
Che Franklin abbia ancora
circa 6/8 anni (o lo hanno fatto crescere?) da decenni è un punto
fermo, anche perché Reed sarebbe ben vecchietto… Ah, già,
dimentico sempre che anche lui ha il potere di modificare i tratti
del suo volto gommoso, e che gli hanno fatto perfino le basette
bianche per segnalare l’inevitabile avanzare del tempo!
Scherzi a parte: perché
i nostri personaggi non possono invecchiare?
La DC ha da tempo
adottato la tecnica di creare Elseworlds (mondi ipotetici) o
di spazzare via tutto l’universo con “rifondazioni dal
principio”[6], in modo che quasi tutti i suoi eroi
abbiano per lo più sempre 25/30’anni, ma siano legati alla realtà
che li circonda. La geniale idea della continuity Marvel
(unico mondo, con scorrere del tempo “misurabile”) mostra sempre
più le sue crepe, come d’altronde è ovvio per un meccanismo che
vuol portare la logica del NOSTRO MONDO in un mondo che si basa
necessariamente sulla sospensione dell’incredulità da parte del
lettore.
Mi spiego: è assurdo che
Peter Parker aderisca ai muri, che Ciclope spari raggi distruttivi
dagli occhi, che Bruce Banner invece che prendersi un ahimè
normalissimo e mortale cancro da radiazioni abbia sviluppato il
cancro chiamato Hulk. Ma questi sono fumetti, fumetti da supereroi, e
quindi lo accettiamo, grazie a quella “sospensione
dell’incredulità” che sta alla base di ogni narrazione
fantastica e non solo.
La continuity è
un modo per portare verosimiglianza (la verosimiglianza del NOSTRO
mondo) nel mondo dell’assurdo: dato il presupposto che tutti i
supereroi vivono nello stesso spazio\tempo, è logico che se Devil va
a Broadway nello stesso momento in cui il Punitore regola i conti con
una famiglia mafiosa, Devil effettivamente incontri il Punitore che
fa fuori la famiglia mafiosa. Ok, è il bello della continuity,
no[7]?
È il bello della
continuity.
Tutto ciò che non
rientrava perfettamente nella (un tempo) sacra continuity
doveva essere giustificabile e giustificato. Se il Dottor Strange era
nella dimensione di Dormammu il 15 marzo, non poteva essere a casa a
risolvere i dubbi mistici di Peter Parker lo stesso giorno.
Se era ANCHE a casa,
forse si trattava di un’immagine creata dal Dottore, o forse era un
demone che voleva ingannare Peter Parker… Insomma, tutto si
risolveva all’interno della logica INTERNA del fumetto[8].
Già, ma quando il
fumetto interagisce con la realtà REALE? Quando il tempo INTERNO del
racconto trova agganci nel tempo della REALTa’? Nell’Universo
Marvel, Apollo IX è sbarcato nel Mare della Tranquillità?
Voi direte: chi se ne
frega, visto che per la Marvel la Luna è zeppa di impronte di
superdeficienti (e perfino di qualche piuma di Angelo) e di Guardoni
cosmici.
E già, ma quindi le
apparizioni di Kruscev nelle storie di Iron Man degli anni ’60
erano di un suo sosia sostituito appena qualche mese fa (parlando del
TEMPO INTERNO alla narrazione)… e il Muro di Berlino è scomparso a
una velocità pazzesca.
Insomma: il voler far
entrare la realtà nei fumetti con le sue icone e i suoi avvenimenti
implica che il tempo dei supereroi sia quello della nostra realtà.
Ma questo non è possibile!
Un anno di uscite mensili
di un albo (ovvero il tempo della NOSTRA realtà) può corrispondere
a pochi giorni (o a meno di uno solo!) nel tempo del fumetto. Ciò è
assolutamente ovvio nella logica del fumetto[9] (il tempo
che passa è quello che SI DICHIARA che passi nell’albo o nella
serie), ma quando si cerca di mescolare i due tempi, il gioco non
regge.
La fondamentale regola
non detta del fumetto seriale, del personaggio che deve continuare ad
avere avventure finché c’è un numero sufficiente di lettori, è
che… la squadra che vince non si cambia! (Uau, viva le
banalità!).
Ovvero che una formula
che funziona non può\deve essere modificata finché non si è
costretti a farlo.
Ma attenzione: il
lettore, specie quello distratto, deve poter ritrovare nel suo
personaggio le caratteristiche che hanno spinto il giovane lettore ad
appassionarsi la prima volta. E le deve ritrovare anche se perde per
un lasso di tempo lungo anche anni.
Il Supereroe può
diventare maturo ma non invecchiare, anche perché il target di
pubblico dei supereroi americani è, ahimè, andato sempre più
stabilizzandosi verso gli adolescenti. E gli adolescenti possono
concepire la guida di un giovane deciso, che prelude a uno stadio a
cui loro stessi vogliono arrivare (i vantaggi della giovinezza più i
vantaggi dell’indipendenza), ma non sono molto attratti dalla
vecchiaia, troppo lontana e vista in fondo come un po’ negativa,
come la perdita delle prerogative della “vera” vita.
Ci sono serie più
“oneste”, come i Peanuts o come i nostrani Bonelli[10]
in cui il legame con un tempo VEROSIMILE non esiste. Tex ha
quarant’anni circa, e passa senza problemi dall’avere
quarant’anni intorno al 1860 o al 1890. Charlie Brown e i suoi
amici sono e saranno sempre alle elementari [11].
I supereroi per
convenzione non possono invecchiare, ma per convenzione vivono in un
mondo che potrebbe essere il nostro: la contraddizione non è
risolvibile, ma la vecchiaia non è consentita.
[1]
Non dimentichiamo che soap
operas
e telenovelas
sono eredi del feuilleton
sette/ottocentesco…
e seguono le sue regole esattamente come tutta la paraletteratura
seriale e come il nostro amato fumetto (non solo supereroistico, ma
sicuramente seriale). Vedi al proposito C. Bordoni e F. Fossati, Dal
feuilleton al fumetto – Generi e scrittori della letteratura
popolare,
Libri di Base 90, Editori Riuniti, Roma 1985.
[2]
E infatti, raccontando di nuovo le origini di Testa di Ferro sono
state ambientate in un generico paese islamico tra attacchi di
terroristi. Vista la tensione degli USA verso la Corea del Nord,
nulla vieta una ringcomposition (composizione circolare) aedico-epica
con una prossima “origine rinarrata” ambientata all'ombra della
famiglia Kim.
[3]
Vedi The
Uncanny X-Men
n. 138 dell’ottobre 1980 (in Italia Uomo
Ragno
Star n. 19): a pag. 1 c’è proprio la tomba della defunta Jean con
queste date di nascita e morte…
[4]
Se
è per questo la ha combattuta anche Topolino…
[5]
Fantastic
Four
n. 1
[6]
Il
primo ragionato tentativo di effettuare questa operazione fu il
leggendario Crisis
on Infinite Earths.
[7]
La gabbia della continuity fu consapevolmente abbattuta nei What
if…, i “Mondi alternativi dell’Osservatore”,
collana antologica che mostra “cosa sarebbe accaduto se…”:
insomma il concetto di Multiverso Dc spostato nell’Universo Marvel.
[8]
Tant’è che nella pagina della posta degli albi Marvel era stato
ideato il “no prize”, il “non-premio” destinato a quei
lettori che dimostrassero come gli errori di continuity
in realtà NON fossero errori, ma una cattiva comprensione dei fatti
(da parte dei lettori più sprovveduti, ovviamente) o un trascurare
qualche possibilità peregrina… ma possibile nel mondo dei
supereroi.
[9]
Tralasciamo i manga visto che stiamo parlando di supereroi americani,
ma come non fare un citazione dell’immensa dilatazione del tempo
che troviamo ad esempio in Capitan
Tsubasa,
dove tra la gamba tirata indietro per calciare un pallone e
l’effettivo calcio scorrono anche una cinquantina di pagine…
[10]
Escludiamo Martin
Mystère
che dell’aderenza alla temporalità reale ha fatto il suo punto di
forza (ma non invecchiano altrettanto coerentemente i comprimari come
Diana o Java): ma è significativo che i recenti cartoni animati di
MM presentino un GIOVANISSIMO Martin, che non ha alcuna intenzione di
invecchiare! Per quanto riguarda gli altri eroi Bonelli che
invecchiano… Nathan Never ma anche Brendon, sono confinati in un
futuro slegato da vincoli di scorrimento realistico del tempo; Mister
No in un passato rimodellabile a piacimento, Dampyr ha la
caratteristica di invecchiare molto lentamente… praticamente in
maniera impercettibile per i lettori!
[11]
Stessa cosa accade per i protagonisti de I
Simpson.
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