V for Vendetta come Bildungsroman
Non spaventi l’uso di questa parola tedesca: essa significa
semplicemente “romanzo di formazione”, ovvero la narrazione dell’educazione e
della formazione ricevute dalla personalità del protagonista o dei protagonisti
del romanzo stesso. Nella letteratura “ufficiale” è usata per definire opere
come il Wilhem Meister di Goethe.
É un tipo di narrazione ampiamente sfruttato nel campo letterario come
in quello fumettistico: la serie dell’Uomo Ragno non è forse anche esso un “romanzo
di formazione” che Vede protagonista Peter Parker?
Ma V for Vendetta sta all’Uomo Ragno come Wilhelm Meister sta a un feuilleton
come I tre moschettieri. Da buon
europeo, Moore conosce per osmosi culturale il detto oraziano “Miscere utile dulci”: lo scopo
dell’opera non è prevalentemente divertire ed incidentalmente accennare
a tematiche più universali.
No, usando la rutilante banalità del fumetto supereroistico Moore è riuscito
ad usare la sua narrazione per parlare di temi universali. Se il tipo di
narrazione scelta è in apparenza “facile”, non altrettanto “facile” è il Vero
argomento.
In che senso, allora, V for
Vendetta si presenta sotto la forma del Bildungsroman?
Nell’opera si delineano chiaramente tre personaggi che, dalle loro
caratteristiche psicologiche iniziali, cambiano e crescono. Cambiano perché
subiscono quello che Gurdjieff chiamò shock
addizionale e che Jodorowsky fa rientrare nel significato positivo del
termine “Violenza”: la spinta evolutiva a livello caratteriale, sentimentale,
etico ed umano è l’avvenimento-chiave della apparizione di V.
Queste figure sono quelle di Evey Hammond, dell’ispettore Finch e di
Rose Almond.
Dal punto di vista del Bildungsroman
sono loro i protagonisti, non V.
Infatti V ha dietro di sè la sua storia, la storia di come e
perché da un momento di partenza “normale” è diventato V.
Ma questo non riguarda gli avvenimenti di V for Vendetta nel loro svolgimento progressivo da pagina 1: la
storia di V appare come flashback,
per un fine che (a mio avviso) riguarda prevalentemente il secondo piano
dell’opera, ovvero quello della lotta ideale.
Dall’inizio alla fine della trattazione V appare uguale a se stesso,
senza evoluzione, statico: neppure la circostanza della morte provoca e porta
dei cambiamenti in lui.
Anzi: per quanto possiamo Venire a conoscenza, forse anche prima
della trasformazione del personaggio della cella 5 in V (ma dopo la lettura
della lettera di Valerie), la personalità del futuro V era già formata.
Un tema dinamico invece si snoda per tutta l’opera e in questo senso V for Vendetta è un “romanzo di
formazione”: distruggere le apparenze, le false certezze, i precari e
disperatamente irrazionali punti di appoggio, per poter poi ricostruire tutto,
una Volta ritrovato il Vero sé, ovvero l’unica cosa che realmente conta.
Un processo già adottato dal filosofo Cartesio, che attraverso la
“distruzione” delle false credenze (la pars
destruens del suo metodo) permette di trovare il punto fondamentale,
indubitabile su cui ricostruire (la pars
construens) tutta l’esistenza su basi più solide: il “cogito ergo sum”, la coscienza di esistere come essere pensante e
razionale.
Trovare la Verità significa trovare la Vera libertà, e secondo il Vangelo
“La Verità Vi renderà liberi” (GV, 8, 32)
I tre protagonisti di cui abbiamo detto sono inizialmente privi di
questa coscienza. Essi agiscono quasi meccanicamente, o animalescamente,
disperatamente attaccati a punti di riferimento, ad ancore che si riveleranno
alla fine instabili.
Ma la precarietà è più accettabile della paurosa Vertigine di dover
contare solo su sé stessi: solo un trauma che li spazzerà Via da queste false
certezze riuscirà a far finalmente pensare (“cogitare” appunto) due di loro e li porterà a cercare e a scoprire
la propria Vera essenza.
E fa riflettere il fatto che Moore ritenga che solo un agente esterno
all’uomo (V è più che un semplice uomo) può dare il Via a questa
ricerca: tutti i personaggi “comuni” trovano soddisfacente adagiarsi nelle
proprie illusioni, crogiolarsi nei propri dolori, senza tentare di porre un
rimedio che distruggerebbe questo equilibrio precario ma “conosciuto” e per
questa stessa ragione “sicuro”.
Fabrizio de Andrè: La bomba in testa
Vediamo allora i protagonisti.
Rose Almond
Rose Almond è la moglie del capo del “Dito”, una sezione della nuova
polizia al servizio dei Norsefire, la dittatura che governa l’Inghilterra dopo
la guerra.
Rose si è attaccata al marito Derek Almond, e vive con lui una
situazione a dir poco masochistica: è inerte e succube della coniuge, maltrattata
da Derek, terrorizzata da lui e da lui disprezzata per la sua debolezza, per la
sua incapacità ad agire e ad essere autonoma.
Per contrasto Derek appare sicuro ed attratto da Helen Heyer, moglie
del capo dell’ “Occhio”, il servizio di polizia incaricato della Vigilanza
tramite Video che tanto ricorda il Grande Fratello di orwelliana memoria. Helen
appare come l’opposto di Rose: è una donna forte, ambiziosa; lei domina e
organizza la vita e la carriera del marito, un debole come lo è Rose. Almond è
il “Dito” che agisce di fronte a un “Occhio” passivo.
Rose sopporta senza reagire, perché non riesce a vedere l’alternativa:
Derek è l’unica cosa che dopo la guerra riesca a dare un senso, seppur
perverso, alla sua Vita.
In lei il mutamento, la dolorosa “crescita” avverrà solo quando perderà
questo punto di riferimento: il marito è ucciso da V.
Per Rose la pars destruens è
concentrata in un attimo, appunto in questa morte.
E questo crollo interno, emotivo, conta più della perdita della
posizione e dei privilegi, più dell’abbrutimento personale: sarà la donna del
corrotto Ethridge, altro capoccia del “Dito”, benché Rose sappia che questi non
vuole altro che una sterile Vendetta postuma su Derek. Sarà una ballerina, un
“animale che offre il posteriore al mondo in segno di sottomissione”.
Tutto ciò la porterà alla sua trasformazione: da donna passiva, Viva
solo perché non è morta in guerra, Rose riacquista quella parte di se chiamata dignità
e vuole gridare al mondo che “non è giusto”.
Ma cosa “non è giusto” per Rose Almond? Non ci viene specificato,
perché forse neppure Rose lo sa: è confusa, sa solo tirar fuori da sé stessa
una rabbia insopprimibile contro tutto ciò che appare responsabile del suo
stato, senza riuscire ad essere costruttiva.
É il primo stadio dell’evoluzione e della crescita dei personaggi di V for Vendetta. Ma Rose non sa andare
oltre, non sa pensare, non sa ricostruire. La sua rivolta, al sua evoluzione
non sa andare oltre un ripetere quella distruzione che ha subito: ucciderà il
leader, certa di essere a sua volta uccisa, in un odio non costruttivo e
neppure fine a sé stesso quanto, ancora una volta, meccanico.
Rose si è rifiutata di agire da sola per l’ultima Volta, fuggendo in un
suicidio compiuto per mezzo di altre mani, per non prendersi neppure questa
responsabilità.
De Andrè - La canzone del padre
IL SEGUITO NEL PROSSIMO POST!
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