domenica 29 settembre 2013

IMPARARE A RICORDARE - LA MORTE NELL'INCAL 3

Tanatah, Kill, il Metabarone e la violenza della morte

 3. Le molte facce della morte


Come detto, nessuna morte nell’Incal è “normale”.
Tranne nel caso dell’ultimo Berg-pappagallo (Incal VI, 10), tutte le morti sono violente, sia che si tratti di suicidi nel Viale della Città Pozzo, sia che si tratti di omicidi.
E diverse sono le concezioni della morte, e i personaggi legati ad esse.

E’ interessante innanzitutto notare che due personaggi richiamano direttamente la morte fin dal nome: Tanatah, simile a Thanatos, incarnazione della morte presso i Greci; e Kill Testa di Cane, l’assassino.

Per Tanatah la morte è un mezzo per arrivare al potere: uscita dal centro del pianeta, organizza l’Amok per i propri fini, e scatena una sommossa alla caccia dell’Incal, un tempo a lei affidato.
E’ la corrispettiva di Animah, sua sorella, e inizialmente assume nel gioco dei dualismi dell’Incal il ruolo di nemica mortale di John Difool. Per John si crea quindi il dualismo psicologico del connubio tra Amore (Animah) e Morte (Tanatah) [1]
La chiave di interpretazione di quest’ultima si trova solo nello scontro finale con la Tenebra (Incal VI, 32):  la “violenza criminale [di Tanatah, ndr.] è solo energia creatrice primordiale”, rivela l’Incal.
La morte come energia per la rinascita
E a questo proposito non si può dimenticare che per Jodorowsky “la violenza è la vita stessa… il sole è una grande violenza, la vita è una grande violenza” [2]. Non deve stupire quindi che, nel corso della vicenda, Tanatah da nemica di Difool (la morte come spinta dinamica, la morte di qualcosa che diventa qualcosa di nuovo) diventi sua alleata nella lotta contro la Tenebra (la morte statica, l'entropia, che non va oltre sè stessa).

Kill è un mutato.
Egli rappresenta gli istinti bestiali dell’uomo: il fatto di essere un cinocefalo (ovvero con la testa canina) lo avvicina anche ad Anubi, il dio Egizio che accompagnava i morti. Anche lui è un avversario di Difool ed è pieno di risentimento nei suoi confronti. Come capo dell’Amok si distingue nella sommossa per la spietata ferocia con cui conduce gli attacchi.
 Ma durante la discesa nel cuore del pianeta, accetterà di riporre la sua aggressività nei confronti di John, e diverrà suo alleato.
Nel momento cruciale, anche la sua bestialità rivelerà il suo ruolo nell’universo, un ruolo di tramite tra l’uomo e la natura simbolizzata dalla sua duplice natura: “Kill, la tua bestialità diventa dominatrice del reale!” (Incal VI, 32).
il Metabarone
Per il Metabarone la morte fa parte della sua indole ed del suo addestramento, è un elemento connaturato al suo essere.
Discendente di una Casta dedita alla sublimazione dello sterminio come esibizione della propria perfezione di guerriero[3], può inizialmente vivere solo in quanto uccide: l’ultima prova dell’iniziazione di un nuovo Metabarone è l’uccisione del proprio padre in un duello [4].
Ma dopo una vita di uccisioni su commissione egli trova un’alternativa: la protezione di Solune, affidatogli da Animah. Ed è quindi solo apparentemente curioso che il Metabarone, di cui tutti nell'Incal nutrono una grande paura per la sua spietatezza, in tutti e sei i volumi uccida solo per autodifesa o per proteggere Solune [5].

La Tenebra è “la forza negativa accumulatasi nel cuore dell’uomo” (Incal VI, 42).
Più che la negazione della vita, la Tenebra sembra rappresentare la staticità della pre-vita, le acque sulle quali aleggiava lo spirito di Dio prima della creazione. Lo scopo dei Tecnos che la venerano è infatti un ritorno del cosmo alla “sua oscurità immacolata” (Incal II, 5), alle Tenebre che, secondo la tradizione ebraica, ricoprivano l’abisso prima della Genesi [6].
Annestay [7] in essa vede un “vicolo cieco in un processo che permette di non vedere più la realtà, è l’annullamento tramite la follia”. A noi, invece, più che altro sembra un ritorno negativo alle origini, un ritorno alla stasi della non-vita/pre-vita (di una “non-violenza”, una “non-lotta” non in senso gandhiano ma Jodorowskyano).

Ma la vita ha bisogno del dinamismo secondo Jodo, così come Nietzsche disse che l’uomo deve essere guerriero: quindi il ritorno alle origini non può essere il ritorno all’incoscienza, ma un ricominciare più consapevole, che passa tramite l’accettazione della morte.

E proprio l'accettazione della morte sarà l'argomento del prossimo post.


[1]  Lo stesso legame amore/morte si ritrova in Barbarah, la Protoregina dei Berg: dopo l’amplesso che dà vita alla nuova generazione di Berg, essa uccide il suo compagno, in Incal IV, 42-47.
[2]  M. Monteleone, La talpa e la fenice – Il cinema di Alejandro Jodorowsky, Granata Press, 1993, pag. 69
[3] Vedi la storia breve ne I misteri, cit., pagg. 55-62, e i volumi di Jodorowsky-Gimenez, La casta dei Metabaroni, in Italia edita da Alessandro.
[4] Un’uccisione reale, non psicologica: un superamento del complesso di Edipo alla massima poten-za.
[5] Le uniche eccezioni sono proprio John e Deepo in Incal II, 31, ma in quel caso era indirettamente in gioco la vita di Solune.
[6] Genesi, I, 2
[7] I misteri, cit., pag. 30.


Tutte le immagini non mi appartengono, ma sono tratte da Jodorowsky\Moebius, L'Incal, Edizioni Di, e come le citazioni da altre opere, sono qui riportate a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.

4 commenti:

  1. Mi pare ci sia comunque una certa componente di "imporovvisazione" nell'Incal, che si rende evidente quando i "rovesciamenti" delle situazioni e dei personaggi assumono anche la funzione di mascherare gli sfaldamenti del racconto.
    Ad esempio (proprio in una delle tavole postate) all' "invecchiamento morboso" e alla "putrefazione" di Solune e Animah corrisponde il medesimo "passaggio dall'effimero individuale alla totalità eterna"...

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  2. E niente: avevo scritto un corposo commento inerente il Cane come psicopompo nelle culture amerinde e Sino-Meridionali, la natura della morte e della vita in Jodorosky, quanto mi fai desiderare di recuperarmi il tutto e quanto sguazzi tu in questo caposaldo moderno....e invece tutto quanto e' andato perduto.Come captcha nella merda.

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    1. Dottor Giocher
      Nulla va perduto! Ecchecazz!
      Tranne le raccolte del Giornalino della mia infanzia che qualcuno buttò... sigh!
      Recupera nella memoria (o nel VERO Karmaspazio, non quello fasullo di alcuni siti) e facci sapere!
      I mitici rapporti tra cane e morte sono interessantissimi, conferma anche Aristarco di Samo!
      Da sviscerare con un po' di tempo! (Ad avercelo)

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  3. Illustre Paciolus
    La dose di "improvvisazione" che citi non si può certo escludere, visti gli autori e gli sperimentalismi anche fungini che probabilmente hanno avuto (anche senza bisogno di funghi! :-p).
    Però proprio nella tavola che citi, la "putrefazione" ("come pesce putrefatto putrefare", diceva il Maistru nella sua prima fase Sgalambrizzata) è una fase del processo alchemico, e tutto l'Incal è un libro di alchimia fatto in modo che solo chi medita e capisce possa utilizzarlo. Il tutto condito in salsa Jodo, naturalmente, per cui non puoi sapere quanto è profondità di pensiero ermetico e quanto sberleffo e burla (che del processo alchemico non sono parodia, ma solo un'altra forma).

    Sugli sfaldamenti del racconto non condivido pienamente: a volte ci sono scorciatoie, a volte allungamenti, ma mi paiono figli dell'estetica propria di quegli anni e anche dei film di Jodorowsky... Però l'esteta del gruppo sei tu (e anche, DiFoolisticamente, il Testimone :-p), e quindi ti invito a ribattere fieramente!
    :-D

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