Prosegue la disanima dei
primi 400 (o poco più) numeri di Tex Gigante visto come prosecuzione di temi e stilemi
propri dell’epica popolare, iniziata QUI e proseguita QUI, QUI QUI e QUI.
Questa è la terza parte della sezione 4. La logica del
narrare per il gusto di narrare, la cui prima parte è apparsa QUI e la seconda QUI.
4. La logica del
narrare per il gusto di narrare
(3° parte)
h) L’atemporalità dell’eroe
Una delle caratteristiche epiche
dell’eroe epico popolare è quella di vivere le sue imprese in un non-tempo.
Per carità: le indicazioni temporali
sembrano talvolta molto precise, tanto che nella mitologia greca si poté
ricostruire una cronologia relativa. Ma scavando si vede che i veri eroi sono
immersi in una sorta di limbo temporale privo di cardini che permette loro di
partecipare a tutte le gloriose imprese avvenute in ogni ciclo mitologico dal
quale l’eroe (per questioni di genealogia o di coerenza del mito) non fosse
esplicitamente escluso.
Così Eracle, figura cardine dell’epica
popolare greca, partecipa a ogni grande impresa della mitologia greca: alla
spedizione degli Argonauti direttamente; alla guerra di Troia indirettamente
(la conquista una prima volta, e cattura il futuro re Priamo) poiché all’epoca
di Achille è già morto e non può rivaleggiare con gli eroi greci là presenti
per non farli sfigurare; sfiora la Caccia al Cinghiale di Calidone incontrando
Meleagro; in giovinezza vive (o nacque) a Tebe sotto Creonte, re prima e dopo
la guerra dei Sette… È quindi coinvolto in tutti i grandi cicli epici.
Ma soprattutto gode di una atemporalità
che sfida ogni logica razionalista successiva: alla ricerca delle mele del
Giardino delle Esperidi incontra Atlante che regge il mondo, mentre secondo le
leggende Atlante fu trasformato in montagna da un antenato di Eracle stesso,
ovvero Perseo l’uccisore di Medusa!
Ciò non deve stupire: per il creatore
dell’epica è meno rilevante dare una coerenza ciclica che narrare il singolo
episodio, combinando le caratteristiche del tipo-eroe con il tipo-avventura
specifica.
L’eroe, specie nell’epica per il
popolo, ***deve*** partecipare a tutte le avventure più grandi, incontrare i nemici
più iconici, perché per la logica dell’epica sarebbe assurdo che non lo
facesse. L’ipotesi “se Eracle ne avesse avuto la possibilità, Eracle vi avrebbe
partecipato” diventa necessariamente realtà [1].
Si configura una logica diversa dalla
necessità di stabilire la versione unica, la coerenza assoluta, la
verosimiglianza: nell’epica antica, e specie quella popolare, conta più la
coerenza narrativa-consequenziale parziale e relativa in ciascun segmento del
ciclo (“dato un eroe con le caratteristiche X, si comporterà in un modo Y
trovandosi in una situazione Z”) che la coerenza logico-temporale del ciclo
stesso (“B è prima di C e subito dopo A; quindi la sequenza non invertibile ed
immutabile di tutto il ciclo è A-B-C; se D non concorda logicamente con questa
sequenza, allora non è vero”).
Insomma: non importa che l’eroe ***secondo
logica verosimile*** (ovvero: secondo la logica del mondo dei ***normali umani***)
abbia potuto fare una determinata azione, ma solo il ***come*** lo avrebbe
fatto secondo la ***logica interna*** dell’epica.
Se vogliamo è il paradosso degli
pseudo-kolossal dell’epica popolare del cinema dove, esaurite le idee interne a
un genere, si è passati disinvoltamente alla contaminazione: così “Zorro contro
Maciste” (cappa e spada + peplum) o “La leggenda dei 7 vampiri d’oro”
(horror + arti marziali), prescindendo dal valore dei risultati, hanno una loro
ragione d’essere neppure troppo irreale [2], se
inseriti in questa logica, poiché l’epica popolare è per sé stessa un genere
aperto alle contaminazioni [3].
L’epica popolare sembra dunque legata al disprezzo di una concezione del tempo verosimile [4]. Una variante di questo concetto si può trovare nella differenza fondamentale esistente tra i fumetti di supereroi (= fumetti che mirano a riprodurre stilemi epici [5]) della cosiddetta Golden Age (anni ‘30-‘40) e Silver Age (anni ’50) specie della DC Comics, contrapposti all’idea di continuity che segna fin dall’inizio i prodotti della Marvel.
Gli eroi dei primi due periodi avevano spesso
avventure più o meno lunghe, ma sempre abbastanza slegate tra loro: quel che
contava era la caratteristica dell’eroe, il suo scontro con il cattivo di
turno, la punizione del malvagio, insomma la logica del raccontare l’avventura
singola scevra da una linea temporale verosimile.
Questo di fatto limitava le possibilità
narrative: il personaggio doveva rimanere sostanzialmente uguale a sé stesso
nel corso del tempo del mondo reale (il suo mondo restava tutto sommato fermo),
e valeva un non dichiarato principio di non-contraddizione per il quale la
morte del personaggio poteva avvenire solo in coincidenza con la chiusura della
sua testata[6] (non obbligatoriamente, anzi: quasi
sempre veniva lasciata aperta una porta per un eventuale recupero). Il che è
naturalmente paradossale: vivendo in un non-tempo, le avventure “precedenti”
alla morte non avevano necessità di non contraddire la morte stessa o altre
avventure narrate. Ma questo pregiudizio resistette.
La morte di Superman: una delle storie immaginarie... |
Il personaggio poteva anche morire
prima della chiusura della testata, ma si risolveva tutto nella rivelazione che
si trattava di una storia immaginaria, o avvenuta (ma questo fu successivo alla
famosa storia “Flash dei due mondi”[7] in cui ci fu la “rivelazione” dell’esistenza del
Multiverso DC) in una Terra parallela, simile eppure diversa.
Le terre parallele: già questa
invenzione fu un colpo decisivo alla concezione originariamente epica, poiché
si affermava con decisione che esistesse una ***sola*** linea temporale “vera”,
e che quindi tutte le contraddizioni dovevano essere risolte pensando che la
storia divenuta “apocrifa” era immaginaria o svolta in un universo parallelo…
anche se quello non era stato l’intento dichiarato degli autori al momento della
pubblicazione della storia [8]. Tale problema di
coerenza (e la soluzione dell’esistenza di apocrifi o di duplicazione
dell’eroe) non attanagliò i mitografi greci e latini se non molto tardi [9].
La Marvel rovesciò il presupposto: non
più supereroi superiori agli uomini nella gestione del potere e sereni nella
responsabilità dello stesso, ma “supereroi con superproblemi” (e questo di per
sé non era la violazione del canone epico [10]),
fallibili e tormentati spesso da insuccessi [11],
e soprattutto ***univoci***, con un’unica storia. Nasceva la continuity
Marvel: non potevano esistere contraddizioni temporali, se esistevano erano
solo apparenti, o in ogni caso spiegabili nell’ ***unico*** Marvel Universe esistente.
Magari in maniera fantastica, ma spiegabili [12].
La libertà temporale dell’eroe epico
veniva ingabbiato nella razionalità temporale dell’eroe leggendario e moderno [13].
Il Tex più epico, quello di G.L. Bonelli, mostra un uguale (epico appunto) disprezzo per la continuità temporale: la didascalia della prima vignetta dell’avventura “La Mano Rossa” [14] parla di un “pomeriggio infuocato di un giorno di luglio del 1898”: e subito appare un Tex giovane. In seguito Tex si sposerà e avrà un figlio (questi avvenimenti sono sicuramente successivi nell’ordine temporale delle vicende); Kit ha almeno quattordici/sedici anni quando, nel corso delle avventure vissute col padre, nel 1861 scoppia la Guerra di Secessione Americana [15] e i rangers (tra cui i pards) restano neutrali, combattendo chi cerca di approfittare nel West di questo caos [16].
Ma in seguito Tex ricorderà coma abbia
partecipato ***da giovane***, prima ancora di essere ricercato, alla stessa
Guerra di Secessione; da ranger Tex ha sterminato la banda Dalton [17], che nella realtà finì la sua carriera nel
1902, ed era presente alla fine di Butch Cassidy e Sundance Kid [18] (nella realtà avvenuta nel 1911). Un giovane
Tex, che ha abbandonato temporaneamente i rangers, partecipa alla Guerra contro
il Messico (1848) [19] e poi ***senza soluzione di continuità e senza stacchi
temporali*** alla Rivoluzione Messicana di Madero (1910-1913) [20].
Se Bonelli padre farà sì che Tex, da
ranger e quindi da adulto, sfidi Buffalo Bill [21]
quando uccideva bisonti per la ferrovia (tra il 1867 e il 1868), i suoi epigoni
glielo faranno rincontrare, apparentemente sempre alla stessa età, quando Mr.
Cody ha già fondato il suo circo [22] (quindi dopo
il 1893). Tex ha vendicato a pochi giorni di distanza gli Apaches uccisi nel
massacro di Santa Rita [23] (1837) e insieme ha
aiutato alcuni partecipanti alla “Oklahoma Land Rush” del 1889 [24]… e si potrebbe andare avanti.
In realtà fare questi calcoli, scoprire
la vera data di nascita di Tex (così come il vero luogo della sua nascita), è
inutile oltre che impossibile: Tex non ha un ancora temporale sicura, a meno di
non voler decidere arbitrariamente quali avventure siano “canoniche” e quali
invece “apocrife”, “immaginarie”, svoltesi in un “universo texiano parallelo”.
E questo, ci pare, sconfinerebbe forse
nel ridicolo.
L’idea di G.L. Bonelli sembra sia stata
quella di fare di Tex l’eroe dell’epopea del West dalla metà del 1800 in poi:
Tex deve partecipare a tutte le vicende importanti di quel periodo, sfruttando,
come detto prima, il meccanismo narrativo del “date le caratteristiche X
dell’eroe, cosa avrebbe fatto se si fosse trovato in quel momento Y in quella
situazione Z?”.
Tex non può perdersi la corsa all’oro
(o come minimo deve incontrarne i protagonisti), Tex non può non combattere le
guerre contro il Messico [25], Tex non può non
fare la Guerra di Secessione e la Rivoluzione Messicana [26].
Non importa che Tex ci potesse essere
dal punto di vista dell’intero ciclo: conta solo creare un segmento del ciclo
in cui l’ipotesi viene raccontata come reale, perché poi (forse) l’episodio
intero venga dimenticato ***pur essendo considerato vero*** come tutti gli
altri.
La parte è superiore al tutto,
l’istante alla vita.
L’atemporalità presenta così un duplice
vantaggio: uno interno alla narrazione, l’altro più prosaicamente editoriale.
All’interno della narrazione, come
abbiamo detto, l’atemporalità permette al personaggio un ampliamento
potenzialmente infinito di tematiche e avventure. Questo ampliamento è
impedito, ad esempio, dalla logica che regge Corto Maltese: Corto è stato
creato da Hugo Pratt come personaggio verosimile, vissuto come avrebbe potuto
vivere un personaggio realmente esistito in un determinato tempo. Se il 19
gennaio 1915 il marinaio lascia l’Isola di Escondida nell’Oceano Pacifico,
Pratt non poteva raccontare una storia con Corto che si trovava, ad esempio, in
Germania lo stesso giorno. L’ubiquità non è un carattere di Corto (a
prescindere dalla verosimiglianza di altre caratteristiche del marinaio), e la
scacchiera su cui si muove Corto segue la razionalità del ***nostro***
principio di non-contraddizione.
Tex ignora questo principio e ne adotta
uno suo specifico: Tex è nel West intorno al 1830-1914, e lo si può far agire
quasi ovunque, anche contemporaneamente a un’avventura già narrata.
Il secondo vantaggio è editoriale: nelle sue avventure il personaggio-Tex ha un’età di circa quaranta-quarantacinque anni da oltre sessant’anni del mondo reale; non invecchia, non muta le sue caratteristiche (anche se è più “politicamente corretto” di un tempo), non risente degli effetti dello scorrere del SUO tempo.
Il secondo vantaggio è editoriale: nelle sue avventure il personaggio-Tex ha un’età di circa quaranta-quarantacinque anni da oltre sessant’anni del mondo reale; non invecchia, non muta le sue caratteristiche (anche se è più “politicamente corretto” di un tempo), non risente degli effetti dello scorrere del SUO tempo.
Un Martin Mystère, ancorato fin
dall’inizio nella ***nostra*** realtà, ha settant’anni (anche se non li
dimostra), e non è più un ragazzino; presto, inevitabilmente, non potrà più
correre, prima o poi morirà… per davvero, nonostante le pillole geovital dello
zio Paul.
Tex potrebbe andare avanti con le sue
avventure indefinitamente [27].
Naturalmente entrambi i vantaggi
valevano per i canterini e per l’epica popolare: l’età di Carlo Magno era
abbastanza lontana per essere indefinita, e ci si poteva permettere delle
mescolanze e delle atemporalità che non venivano sentite come impossibili [28], e i personaggi non invecchiavano mai (tranne
quelli che erano già vecchi o che tradizionalmente avevano una vecchiaia),
pronti a nuove avventure ovunque ci fosse stato un’occasione degna di loro [29].
Ma ad essere sinceri, se proprio si
volesse riportare Tex a una cronologia che seguisse la logica umana e non si
vuole correre quel rischio di ridicolo che ho citato, una soluzione epica
esiste: fingere ancora una volta che Tex sia esistito veramente, ma che già per
i suoi contemporanei fosse un mito. Quindi che quelle pubblicate, siano solo in
parte le storie “vere” di Tex, ma che per lo più si tratti di quelle inventate
da cow-boys stanchi ma chiacchieroni, raccontate la sera davanti al fuoco, aggiungendo
sempre nuovi particolari inventati costruendo, da una leggenda, un mito.
[1] Quando l’eroe più rilevante è esplicitamente escluso
(ad esempio Eracle nella guerra di Troia combattuta da Achille), come detto si
trova un escamotage perché ne sia un anticipatore, o un epigono, o
comunque vi abbia a che fare. L’epica recente dei fumetti supereroistici
americani ha ripreso tale idea, creando occasioni di “scontri incrociati” tra
nemici di diversi eroi (da ricordare il cross-over Marvel intitolato Atti di
vendetta, che aveva come motore lo scontro tra un eroe e un villain
mai incontrato prima!).
[2] Oltre all’esigenza economica di voler pescare da
bacini d’utenza diversi.
[3] La politica editoriale della Bonelli, tuttavia, pur
accettando contaminazioni tra generi all’interno delle diverse serie (vedi
l’articolo successivo sul Ranger dell’Impossibile), rifiuta in linea di
principio il cross-over, che viene limitato ad occasioni speciali e
aperiodiche. E’ tuttavia vero diversi personaggi della casa milanese vivano
nello stesso continuum spazio-temporale (perlomeno Martin Mystère, Zagor,
Mister No, Dylan Dog, Nathan Never) o potrebbero viverci (Dampyr, Gea).
[4] Ricordiamo come, ad esempio nell’Odissea di
Omero, nell’epica il tempo raccontato abbia spesso una durata simbolica e non
verosimile: le peregrinazioni di Ulisse durano quanto la Guerra di Troia,
raddoppiandola; egli viaggia per nove giorni verso Occidente alla ricerca delle
terre dei morti e per nove giorni verso Oriente per tornare da Ogigia verso
Itaca e così via.
[5] Da notare il frequente riferimento alla mitologia
classica (ad esempio con Wonder Woman) enfatizzata in un supereroe come Capitan
Marvel (benché originariamente non fosse un eroe DC), che grazie alla magica
parola “SHAZAM!” poteva assumere “la saggezza di Salomone, la forza di
Hercules, la resistenza di Atlante, il potere di Zeus, il coraggio di Achille,
la velocità di Mercurio”: tranne il riferimento a Salomone, tutti gli dei e gli
eroi che forniscono le caratteristiche di Capitan Marvel sono greci.
[6] Escludiamo naturalmente un supereroe come The
Spectre il potere del quale è quello… di essere un morto senziente di
potere quasi divino! Conseguentemente egli muore nel primo episodio per
acquisire i superpoteri, ovvero nasce come eroe.
[7] Flash n. 123
[8] La confusione generata da queste “dichiarazione di
apocrifo a posteriori” generò una sostanziale difficoltà a gestire il continuum
temporale dell’Universo DC: tali difficoltà poterono essere parzialmente
risolte solo a metà degli anni ’80 con il cross-over Crisis on Infinite
Earths.
[9] E infatti per giustificare gli “errori”cronologici
della vicenda di Eracle, Diodoro Siculo (Biblioteca
III, 73) suppose che erano esistiti almeno tre eroi omonimi; Cicerone (De
Natura Deorum, III,16) ne ipotizzò sei; Varrone (Commento di Servio a Virglio, Eneide, VIII, 564) addirittura
quarantaquattro! Ma stiamo parlando di autori che sono raccoglitori,
catalogatori, razionalizzatori e commentatori tardi dei miti e dell’epica: non
stiamo parlando di creatori.
[10] Solo per fare due esempi Eracle ebbe crisi di
follia, in uno dei quali uccise i suoi figli; Achille sapeva di essere
predestinato a una morte giovane, prossima alla sua uccisione di Ettore;
nonostante queste debolezze, però, entrambi erano enormemente distanti
dall’uomo comune: i loro superproblemi non li umanizzavano, ma li rendevano
eroi tragici.
[11] Bruce Wayne diventa Batman per vendicare la morte
dei genitori, ma l’ossessione di questa morte è un’invenzione più recente; al
contrario la morte di Zio Ben è decisamente più condizionante per Peter
Parker/Spiderman specie nelle sue prime avventure e nonostante la sua apparente
spensieratezza: se nella Golden Age o nella Silver Age era impensabile ad
esempio che Lois Lane morisse a causa di un insuccesso di Superman (e se ciò
fosse accaduto, si sarebbe invocata la “storia immaginaria”, l’elseworld),
Gwen Stacy muore davvero. E, nonostante le revisioni successive, muore perché
Peter Parker non è riuscito a salvarla.
[12] Rientra in questa logica l’invenzione del
“no-prize”, il “non-premio” conferito a chi dimostrava che un errore nella continuity
non era tale. In seguito alcuni “errori di continuity” sono stati
giustificati con escamotages, ricordi fasulli, mezze verità… o semplicemente
ignorati.
[13] È curioso notare come il fumetto popolare
supereroistico (che negli USA è stato principalmente un fumetto tendenzialmente
per adolescenti) abbia abdicato questa libertà, la libertà di Peter Pan, in
nome di una razionalità temporale che fumetti destinati a un pubblico più
maturo non hanno: i Peanuts hanno sempre circa sei/otto anni; Krazy
Kat continua a ripetere poeticamente ed ossessivamente lo stesso gesto del
lancio del mattone, infinitamente (ma minimamente) variando le modalità ma non
il risultato; il clan dei Paperi e Topolino sfuggono al trascorrere del tempo
(si
devono eccettuare alcune storie particolari, come ad esempio dove si narra
delle avventure ‘giovanili’ di Zio Paperone). I lettori adulti che leggono
fumetti che vogliono indurre a riflettere, apparentemente, sembrano non
risentire di un illogico prolungamento del “tempo di narrazione”; al contrario
i fumetti per ragazzi (teoricamente più dedicati al semplice divertimento e
quindi più facilmente ambientabili nel “tempo delle favole”) non sembrano potersi
consentire questa dilatazione: il tempo viene sì innaturalmente rallentato (gli
X-Men hanno 18-20’anni da oltre quarant’anni del tempo reale!), ma viene
rispettato il rigido rapporto “prima-dopo” nella sequenza temporale. Insomma:
se si vuole narrare qualcosa avvenuta nel passato del supereroe si è ricorso al
trucco delle Untold Stories, che si inseriscono nei “tempi morti” delle
avventure narrate, facendo ben attenzione a non contraddire ciò che era
divenuto canone, “storia ufficiale” (la stessa tecnica usata da Hugo Pratt per
Corto Maltese).
[14] Tex Gigante
n. 1, pag. 35 nell’edizione con il prezzo di copertina di 350 Lire. Si trattava
già della versione “censurata” rispetto all’originale (vedi la tavola 1 dello
stesso albo, dove “uomini” sostituisce “scagnozzi”); edizioni successive
elimineranno questa data, divenuta scomoda e “non canonica” (se pure questo ha
un senso in Tex).
[15] Tex Gigante
n. 17
[16] Quantrill, il nemico di turno che cerca di
approfittare della situazione di crisi causata dalla Guerra di Secessione (vedi
Tex Gigante n. 24), è un personaggio storico.
[17] Tex Gigante nn. 8-9
[18] Tex Gigante nn. 60-61.
[20] Tex Gigante n. 3-4 (che si dovrebbe svolgere
ipoteticamente nel 1910) e 6-7 (ipoteticamente nel 1913, dopo la morte di
Madero)
[21] Tex Gigante n. 82
[22] Tex Gigante n. 436.
[23] Tex Gigante n. 259-260
[24] MaxiTex n. 1
[25] Come detto si veda Tex Gigante n. 2
[26] Come detto si veda Tex Gigante n. 3
[27] È da notare come i personaggi bonelliani più vecchi
siano stati tutti impostati con questa atemporalità, a prescindere
dall’ambientazione cronologica: Zagor, il Comandante Mark, il Piccolo Ranger,
Mister No hanno un tempo indefinito di svolgimento, che non si esaurisce mai
(anche se i riferimenti cronologici di partenza e di arrivo sono certi almeno per
Mark e Mister No); diversamente accade per personaggi come Ken Parker o per i protagonisti della Storia del West che sono più verosimili e più verosimilmente
crescono e invecchiano (e muoiono) perché sono stati inseriti in precisi
avvenimenti storici della realtà e a loro si attengono (come è accaduto
recentemente a Volto Nascosto-Shanghai Devil). Recentemente altri
personaggi hanno parametri temporali generici e sostanzialmente immobili come Dylan
Dog, mentre Nathan Never (o Brendon), Dampyr o Greystorm hanno seguito la via
di Martin Mystère, pur essendo inseriti in un generico futuro, presente senza
troppi riferimenti alla realtà, passato.
[28] Ricordiamo l’archibugio nell’Orlando Furioso;
ma anche Artù, pur presentato come un cavaliere feudale, conquista un Impero
Romano d’Occidente ancora esistente e forte “con il valore del suo braccio”; in
Tex si risolvono alcune cronologie “impossibili” con l’invenzione di “isole nel
tempo” quali la Città d’oro o le Terre dell’abisso per i quali si rimanda
all’articolo Il Ranger dell’Impossibile.
[29] Solo per fare un esempio: vari siti italiani hanno
tradizionalmente tracce del passaggio di Orlando; una leggenda siciliana dice
che Artù dormirebbe sotto l’Etna. Io stesso, nella mia infanzia forse (sicuramente)
un po’ troppo libresca, dopo aver letto delle versioni per ragazzi dell’Orlando Furioso e della Gerusalemme Liberata, cullai per qualche
istante l’idea di un poema epico che vedesse i Paladini alle Crociate!
PS:
le immagini non mi appartengono e sono per lo più tratte da pubblicazioni della Sergio Bonelli Editore
Sono
qui a corredo dell'articolo di critica e analisi. Questo blog non ha fini di
lucro.
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