Prosegue la disanima dei primi 400 numeri di Tex Gigante visto come
prosecuzione di temi e stilemi propri dell’epica popolare, iniziata QUI , e proseguita QUI,QUI, QUI, e QUI.
Questa è la
seconda parte della sezione 4,
la cui prima parte è apparsa QUI.
4. La logica del narrare per il gusto di narrare
(2° parte)
d)
L’infallibilità dell’eroe
L’eroe sotto i
riflettori non può sbagliare: Carlo Magno può essere ingannato dai maganzesi e
Rinaldo ribellarsi al suo signore, ma non c’è dubbio che Orlando sarà esiliato
sempre ingiustamente, come pure la rivolta di Rinaldo ha le sue motivazioni
profonde che porteranno alla riconciliazione finale.
L’epica
popolare (in ciò seguita, ad esempio, da quella sua incarnazione che è il
fumetto supereroistico americano) non sbaglia: i “buoni”, gli eroi, alla fine
devono necessariamente riconciliarsi [1].
Perfino la
“colpa” di Agamennone che provoca l’ira di Achille e ne ottiene “infiniti
lutti”, avviene per un altissima coscienza del proprio ruolo di re dei re:
tant’è che le scelte del Signore di Micene infatti non vengono biasimate dagli altri
Achei diversi dal Pelide, che al massimo premono per la riconciliazione.
L’errore, al
massimo, è un errore fatale che porta l’eroe alla morte. Eppure lo sbaglio è
tale solo agli occhi degli uomini comuni, troppo legati alla logica terrena
della paura della morte, e incapaci di vedere cosa implichi la superiorità
dell’eroe: quindi in Orlando, Beowulf, Igor, Ettore non troviamo un errore che
nasca da malvagità o da difetto, ma spesso da un senso dell’onore troppo alto [2].
Il vero eroismo
di Tex e compagni, il fattore che li rende modelli ideali, risiede nell’essere
sempre e inequivocabilmente dalla parte del giusto.
Essi, come
tutti i veri eroi dell’epica [3], sanno per istinto, acriticamente di aver
ragione; e gli eventi confermano sempre le loro impressioni: Tex può sospettare
che il colpevole sia la persona sbagliata, ma non “pesterà” mai (e men che mai
ucciderà) chi non se lo merita almeno un po’; Carson non scommette mai contro
Tex perché, vista l’infallibiltà del ranger, sa che non ha speranza di vittoria [4].
Vista questa
infallibilità, all’eroe-Tex è concesso ciò che agli altri lui stesso non
permette: violare quelle stesse regole che Tex contribuisce a difendere ed
imporre, ritenerle non valide quando siano d’ostacolo alla vera e più alta
Giustizia.
Così, come
accennato, Tex e i suoi pards, a differenza di chiunque altro nel loro mondo,
possono picchiare prigionieri, minacciare torture, distruggere proprietà
privata, rubare cavalli e mandrie (e se vogliamo anche barare a poker), ovvero
commettere reati che essi stessi spesso puniscono e trovano spregevoli se
compiuti da terzi.
Ribadiamolo: queste
azioni, se commesse da loro, non hanno lo stesso peso. E ciò avviene perché i
pards sono sempre sovrumanamente dalla parte del diritto, e quindi ogni mezzo
utilizzato è giustificato dal nobile fine per il quale viene compiuto.
Soprattutto essi riescono sempre a non abusare di questa loro immunità,
passando dal “giusto pestaggio” al sopruso: ma questo non è che uno dei tanti
paradossi dell’eroe epico agli occhi dell’uomo moderno, troppo razionale e
troppo democratico per riuscire a vedere quella differenza di qualità tra gli
esseri umani (o semidivini) che era alla base dell’epica [5].
Alla loro infallibilità
nel giudizio corrisponde il loro successo totale nel compiere le missioni [6]: tutti i “malvagi” vengono puniti (o redenti) [7], nessuno può sfuggire alla caccia dei “mastini”,
perlomeno alla conclusione della vicenda [8].
È la sicurezza
che deve dare l’eroe: lotta per il bene, e il bene trionfa sempre, anche con un
aiuto soprannaturale: ma l’eroe lo merita per la purezza delle sue motivazioni
e per l’inflessibilità con cui persegue i suoi scopi.
e)
L’invulnerabilità dell’eroe
Altra
caratteristica i molti eroi epici è la loro invulnerabilità: Achille e Sigurd,
ma anche l’iniziale Superman non sono feribili, anche se hanno un punto debole
che li deve rendere mortali e fallibili, oltre a consentire un equilibrio nello
scontro contro i nemici [9].
Tex non è
tecnicamente invulnerabile (G.L. Bonelli gli ha dato caratteristiche
eccezionali ma non sovrumane) ma sicuramente non risulta uccidibile tramite
ferita, veleno, magia etc.! Il ranger è sempre più scaltro degli altri, sempre
più pronto a vedere il nemico in agguato o a intuire il pericolo… oltre ad
avere una fortuna decisamente sfacciata!
Tex in ciò è
simile agli eroi dei cicli arturiano e carolingio, mortali e non invulnerabili [10], spesso “orribilmente feriti” ma ancora in
grado di rialzarsi e combattere (e vincere) se si tratta di difendere l’onore
di una dama in pericolo! Ma tutto ciò è legato alla missione dell’eroe, il
compimento della quale è superiore alle necessità fisiche dell’eroe stesso [11].
Claudio
Paglieri [12] si è divertito a elencare le ferite
di Tex e la maniera irreale di metterlo continuamente in pericolo di vita senza
riuscire a ucciderlo.
In realtà ad
essere sbagliata non è l’inverosimiglianza della tecnica, ma la sua analisi secondo
canoni di verosimiglianza: si può ridere di questa apparente ingenuità
narrativa, ma solo volendo razionalizzare ciò che è già razionale, perlomeno
secondo la logica del mondo dell’epica.
Insomma: Tex ***deve***
essere continuamente in pericolo mortale, e ***deve*** essere ferito
gravemente, ma ***deve*** anche riuscire a cavarsela, poiché non può
resuscitare (è un eroe, ma, ripetiamo, non ha poteri sovrumani) e nello stesso
tempo non può morire in scontri “di poco conto”.
Ancora una
volta, insomma, non conta la coerenza con le avventure dell’intera serie, ma la
coerenza con il carattere del personaggio, con i suoi presupposti e con la
singola storia che si sta narrando in quel momento.
Se Tex, per
esigenze narrative, deve essere ferito, ebbene lo sarà per la prima e nello
stesso tempo ennesima volta. Ma visto in una prospettiva più ampia, Tex (e con
lui anche i pards), se non è invulnerabile in assoluto, lo è… alle ferite
mortali!
f) L’eroe
camuffato e l’eroe bandito per esigenze di giustizia
Altri due topoi
dell’epica medioevale (ma anche parzialmente anche quella greca[13]) si
ritrovano in Tex: il dover celare la propria identità per ragione di giustizia,
e l’essere ingiustamente cacciato dalla società che l’eroe difende divenendo
per risposa un fuorilegge.
Spesso nei
poemi canterini avveniva che i cavalieri arturiani celassero il proprio nome
sotto false spoglie, o per volontà di avventure, o per un voto, o per uno
scherno, o perché la mancanza iniziale di fama non li rendeva ancora degni di
un nome proprio [14].
Il nostro
ranger si maschera più spesso per ragioni di prudenza, per svolgere in
incognito missioni pericolose o per non coinvolgere i suoi amici qualora
venisse visto: se prescindiamo da semplici cambi di nome (non dimentichiamo che
la fama dell’eroe lo precede [15]), i camuffamenti
più rilevanti sono senz’altro quelli da “Aquila della Notte” [16], che porta al ranger il suo “nome indiano”, e
da “Uomo della Morte” [17], spirito vendicatore
dei diritti dei nativi americani.
Quanto
all’essere ingiustamente banditi, molti dei poemi canterini si basano
sull’esilio di Orlando dalla corte di Carlo a opera delle trame dei maganzesi;
addirittura il ciclo popolaresco di Rinaldo [18]
presenta il paladino come un coscritto inseguito con rancore da Carlo (Orlando
al contrario è sempre rimpianto, pur dovendosi allontanare per le ferree regole
della corte) e deve lottare per dimostrare la sua innocenza e fedeltà. Lì il “bandito”
tecnicamente inteso (colpito da bando del re) diventa il “bandito” comunemente
inteso (colui che compie atti al di fuori della legge come rapine, omicidi
etc.)
Tex esordisce
come bandito [19], ma si scoprirà più tardi che lo
era solo in quanto accusato dai malvagi che avevano ucciso il fratello (e che
da lui furono uccisi per vendetta).
Divenuto
ranger, più volte esce dalla legalità, ma sempre per complotti altrui [20] o per difendere la vera Giustizia, calpestata
da una legge troppo spesso schiava delle formalità e dei potenti [21]: questo più volte lo porterà a scontri epici
specie contro l’esercito, scontri in cui Tex prevarrà, dimostrando la sua
innocenza e facendo trionfare la Giustizia.
g) L’eroe come
capo mistico
È indubbio che
l’eroe epico sia un modello per la sua gente, perché l’epica è la conferma e
l’esaltazione dei valori di una classe dirigente.
Questo fa sì
che nell’epica “alta”, quella recitata nelle corti per un pubblico di nobili,
l’eroe sia di necessità un capo mistico per i suoi sottoposti, in quanto unto
dal dio oppure destinato dal fato o dalla propria natura superiore alle imprese
eroiche: ciò accade perché la classe nobiliare tale si sentiva.
In questa epica
l’eroe è la rappresentazione di ciò che la nobiltà ritiene di dover essere e
nello stesso tempo lo specchio in cui guarda sé stessa e si riconosce. Il capo
mistico è eccezionale anche per i nobili, ma indiscutibilmente proviene
dall’interno della loro classe.
Con la
scomparsa della nobiltà (o l’irreversibile decadenza del suo modello di vita,
ritenuto per diritto divino diverso da quello della plebe) l’epica varia se non
nelle forme, sicuramente nei contenuti, finendo per arrivare all’esaltazione
dei “capi” dei regimi totalitari del secolo scorso.
Sarebbe superfluo
specificare che nell’epica popolaresca, visto il pubblico vasto, eterogeneo ed
occasionale cui si rivolge, fin da subito l’eroe epico non può essere la
raffigurazione della realtà (anche ideale) del pubblico che ascoltava: la
distanza tra nobile (= potenziale eroe) e popolano (= potenziale salvato dall’eroe)
era troppo ampia, e non erano permesse ascese da una classe all’altra [22]… e questa chiusura sociale era data come
scontata e naturale anche per il popolo.
Per il popolino
medioevale che ascoltava i cantari prodotti da persone semicolte provenienti
dalle sue stesse fila, cos’è dunque l’eroe? È la fuga, l’evasione dalla realtà,
l’esotismo, l’avventura sognata e mai realizzabile, il sogno tout-court [23].
Ma anche il
desiderio di un classe dominante, comunque ritenuta culturalmente come
indispensabile, che seguisse ideali che avrebbero portato pace, progresso e
protezione al popolo stesso: fino alla Rivoluzione Francese il popolo non contesta
il fatto che esista una nobiltà, ma si contestano i nobili che non svolgono il
ruolo di dominatori-paternalisti. Gli eroi epici medioevali sono infatti dei
signori, ma proteggono il popolo dagli infedeli, dai demoni, ma anche dai
prepotenti. Il cavaliere è diverso dal popolo, ma lo difende e lo rispetta
perché questo è ciò che il cavaliere deve al popolo, così come il popolo
rispetta l’eroe in quanto (ancora una volta) unto dal signore, oppure destinato
dal fato o dalla propria natura superiore alle imprese eroiche… e al dominio
sul popolo stesso.
Nell’epica
popolare quindi non sembra manifestarsi la ribellione contro l’autorità genericamente intesa in nome di un’anarchia o di una
democrazia storicamente improponibili [24], bensì il desiderio di una
concretizzazione di quel corpo mistico della società che a quel tempo non
poteva essere concepita se non in termini verticistici e unitaria.
Ne consegue che
nell’epica anche il popolo esprimeva l’esigenza di un capo mistico proveniente
dall’alto, che mescolasse autorevolezza nella guida e paternalistica attenzione
al sottoposto, che risulta alla fine sempre non autosufficiente dal capo e
desideroso di protezione da parte del potere, più che di partecipazione al
potere stesso [25].
Rinaldo si sottomette a re Carlo |
Tex è
certamente un esempio di capo mistico di tal genere.
Lo è sia per i
suoi pards che per i suoi indiani: è un capo tanto autorevole da non
aver necessità di autoritarismo.
Ciò che dice
può essere chiosato, discusso, ma non contraddetto. Quando Carson è dubbioso,
Tex gli chiede ritualmente una prova di fiducia, attraverso una proposta di
scommessa… e puntualmente il vecchio pard rifiuta, sicuro
dell’infallibilità del capo [26]: se Tex è sicuro, nessuno ha (o ritiene di avere)
l’autorevolezza necessaria per potersi contrapporre alla sua opinione… neppure
all’interno della elitaria cerchia dei compagni.
Tex è difensore
(anche con le cattive) di un ordine che spesso non è l’ordine legale quanto un
ordine di Giustizia superiore, in nome della sua riconosciuta infallibilità.
Egli è l’interprete di questa Giustizia superiore [27]
ed è riconosciuto tale sia dai “buoni” che dai “malvagi”.
Tex è in grado
di unire i deboli sotto la sua guida, è l’unico che li può portare alla libertà
o alla sicurezza, ma solo raramente all’autonomia: in realtà viene più per
estirpare il male che per dare gli strumenti ai deboli per agire da soli [28].
Tex non può
risultare indifferente, esattamente come i grandi eroi epici: o si è dalla sua
parte si è contro di lui.
Repetita iuvant: il grande (inutile) dubbio se Tex sia
“di destra o di sinistra” può trovare conciliazione proprio in questa
prospettiva di epica popolare.
Tex è il capo
mistico richiesto da una generica ideologia “di destra”, ma le sue pulsioni
sono anarchiche, spesso ribelli alle autorità costituite e a difesa dei molti
deboli contro i pochi prepotenti, esattamente come richiede una ideologia “di
sinistra”.
Altri aspetti interessanti,
come l’atemporalità dell’eroe e le problematiche legate alla sua morte, li
vedremo in un prossimo post.
[1] Perfino
l’odio tra Gawain e Lancelot termina con una riconciliazione in articulo
mortis.
[2] In questo
senso si possono leggere il rifiuto di Rolando di chiamare indietro l’esercito
di Carlo Magno a Roncisvalle; o la decisione del nobile Beorhtnoth di
consentire ai suoi nemici danesi di raggiungere una posizione meno sfavorevole
al combattimento, segnando così la propria sconfitta, nel poema La Battaglia
di Maldon; o quella di Beowulf di affrontare il drago (vedi a
proposito di questi due ultimi esempi J.R.R. Tolkien, Il ritorno di
Beohtnoth figlio di Beorhthelm, in Albero e Foglia, 1976 Rusconi,
Milano); di Igor nell’affrontare i Cumani con la sua schiera; di Ettore di
attendere Achille fuori dalle Mura di Troia.
[3] Sarebbe
interessante disquisire su come i supereroi americani, dalla nascita della
Marvel in poi, abbiano perso questa caratteristica epica dell’infallibilità,
scivolando verso l’umanità. Lanterna Verde che distrugge una città non è meno
epico di quello che salva l’universo: ma il Lanterna Verde che dubita di ciò
che ha fatto, che non riesce a giustificarlo senza tormento in nome della sua
missione (proprio perché ha commesso un errore) è solo un essere umano che
riflette sulla propria vita, non un eroe. Che abbia dei grandi, enormi poteri,
è solo un minimo dettaglio che lo differenzia rispetto all’uomo della strada
che ha sbagliato a litigare con la ragazza. (Angolo del cinismo mode off!)
[4] Per gli aspetti della formularità nel ricorrere del
“Scommetti?/Fossi matto!” vedi supra il paragrafo 3, f).
[5] A scanso di
equivoci e rischiano l’excusatio non
petita, l’accettazione della necessità di questa regola nella letteratura
epica non implica la convinzione che questa sia alla base della vita reale. Dal
pregiudizievole rifiuto di separare arte e vita, sono nati pretestuosi e
ridicoli fraintendimenti ad esempio sull’opera di Tolkien. (Angolo del fianco
esposto a contestazioni politically-oriented
mode on)
Aragorn, figlio di Arathorn, re di Gondor e Arnor |
[6] Gli unici “fallimenti” (per meglio dire: successi
parziali) sono stati introdotti nelle fasi relativamente recenti del periodo da
noi analizzato. Sono stati inseriti da Claudio Nizzi per creare un’attesa,
specie di come Tex riuscirà a concludere la vicenda: è accaduto per la prima
volta in Tex Gigante n. 273 (ma lo
scopo principale, salvare l’ufficiale Morrow era raggiunto, e rimaneva aperto
solo il conto “minore” con Don Mauel Pedroza, “alleato pericoloso” poi punito
in Tex Gigante nn. 333-335); è
accaduto per il primo incontro con la Tigre Nera (Tex Gigante n. 384) e nell’ultimo incontro-scontro con Mefisto (Tex Gigante n. 504, ci si perdoni l’excursus
dai limiti del materiale di analisi autoimposti), per il quale vedi l’appendice
all’articolo Il ranger dell’impossibile. Inutile dire che in ogni caso
la vicenda principale è risolta, il pericolo sconfitto: viene semplicemente (ed
esplicitamente) lasciata aperta la porta per la nuova avventura, mentre in
precedenza questa porta era stata “da aprire” grazie a un escamotage (o
a un’evasione dal carcere). Una prima anticipazione di questo schema sembra
potersi vedere in Tex Gigante n. 95:
Mefisto sembra morto, ma la sua alleata Loa al termine dell’avventura promette
vendetta a Yampas, lasciando aperta la porta a una prosecuzione. La missione di
Tex era tuttavia quella di eliminare il “vecchio pazzo” (e in ciò riesce),
l’errore (poi rivelatosi fatale) è stato di Yampas.
[7] Accade solo
per “cattivi” che così cattivi non sono, al massimo ladri, criminali per
necessità ma in ogni caso non assassini a sangue freddo (si vedano ad esempio Tex Gigante n. 42, n. 131 o n. 151).
[8] Se
escludiamo alcuni errori “veniali” (ovvero: essere inizialmente ingannato da
criminali molto astuti) Tex fa un unico errore dichiarato: in Tex Gigante n. 108 lascia andare il baro
Fraser (ma questi se ne va tra due ali di folla che lo frustano…) e questo
provocherà il massacro degli abitanti di Goldeena; Tex rimedierà in un inseguimento
da film horror, che lascerà al baro rinnegato solo la scelta se suicidarsi o
farsi sbranare dai lupi!
[9] Gli eroi
dell’epica hanno il loro punto debole che deve portare alla morte dell’eroe (si
veda la parte ad essa dedicata, in uno dei prossimi post), ma che non impedisce
loro di affrontare imprese e lotte epiche. L’aumento delle minacce e dei punti
deboli degli eroi inizialmente invulnerabili (Superman diventa “sensibile” non
solo alla Kryptonite ma anche alla magia, etc.) è un’altra tappa dello
svilimento e dell’umanizzazione dell’eroe nell’epoca moderna: la logica è che
un eroe non minacciabile non può generare storie interessanti, perché si saprebbe
già che vincerebbe senza problemi. Ora: la percentuale di vere sconfitte dei
supereroi americani nel breve o nel medio periodo (attraverso stratagemmi come
resurrezioni, dislocazioni temporali o spaziali, clonazioni e quant’altro) dimostra
che si tratta solo del classico dito posto davanti alla Luna piena per
nasconderla.
[10] Il solo re
Artù possiede una magico fodero che impedisce alle sue ferite di sanguinare.
Orlando ha la garanzia di vincere qualsiasi duello che si prolunghi fino al
terzo giorno, ma ciò non toglie che possa essere ucciso prima.
[11] In Tex Gigante n. 99 il ranger viene
battuto da un pistolero in duello con un trucco, ma gli basta rimettersi
appena in piedi per riaffrontare il nemico e, stavolta, batterlo… per di più
usando solo la mano sinistra!
[12] Paglieri, Non son degno di Tex, cit., pagg.
15-19, 52-53, tabella a pag. 139
[13] Ulisse\Odisseo
spesso si camuffa; al contrario l’eroe greco non diventa “fuorilegge”, presumibilmente
per il diverso tipo di rapporto con l’autorità della polis dei mitografi: insomma, l’eroe può essere cacciato, diventare
nemico della città di origine ma non darsi alla razzia contro di essa, se non
quando questo atto venga mostrato come sfoggio di superiore abilità.
[14] Vedi ad esempio le avventure di
Sir La Cotta Maltagliata
[15] Vedi punto
b)
[16] Tex Gigante nn. 7-8.
[17] Tex Gigante nn. 41-42 e nn. 302-304. È
da notare che questo stilema mette Tex sulla scia di “eroi mascherati” quali
Zorro, Phantom o i supereroi DC e Marvel (tra i quali inzialmente pressoché solo
i Fantastici Quattro non godevano di identità segrete).
[18] Vedi ad
esempio il Renaus de Montauban, della prima metà del 1300.
[19] Tex Gigante n. 1.
[20] Ad esempio
Tex Gigante n. 3 e soprattutto la
storia che si dipana in Tex Gigante
nn. 141-145. L’essere accusato ingiustamente e ingiustamente condannato è da considerarsi
una variante dell’esilio per scelta.
[21] Ad esempio vedi la bellissima storia del “Sangue Navajo” (Tex Gigante nn. 51-53) o Tex
Gigante n. 91
[22] Il
popolano che diventa cavaliere è un’invenzione borghese. Tersite nell’Iliade ma
anche negli altri poemi pseudo-omerici relativi al ciclo troiano, esprime il
punto di vista degli strati più bassi dell’esercito e quindi del popolo:
“naturalmente” (visto che la narrazione è quella dell’epica “alta” dei nobili)
è deforme nel corpo e nell’animo, e finisce bastonato e deriso; Parzival sembra
il contadino rozzo che diventa cavaliere, ma in realtà è un nobile tenuto
lontano dalle armi dalla madre. Ogni volta che c’è un’ascesa sociale nell’epica
medioevale, essa è in realtà dovuta a un riconoscimento o a una nobiltà
ESISTENTE ma negata o ignorata. E’ curioso come questo generi degli strascichi
interessanti anche nel romanzo borghese popolare che spesso si è dedicato a
narrare l’ascesa sociale (riuscita o fallita) dei suoi protagonisti: Oliver
Twist dell’omonimo romanzo è di origine nobile, così come Remi di Senza Famiglia. L’agnizione euripidea è
un escamotage che pare non stancare
mai i lettori\utenti televisivi.
[24] Da qui il
gusto per l’ambientazione fantastica, esotica, l’impresa straordinaria che
abbiamo esaminato nel paragrafo 3. di questo articolo.
[25] Rinaldo è
in rivolta perché è il paladino dei suoi pares feudatari desiderosi di
maggior autonomia dall’imperatore, non lotta per i sottoposti o per impossibili
diritti democratici. Robin Hood è un proscritto perché fedele al re legittimo,
non perché voglia sovvertire la monarchia o portare l’anarchia nell’Inghilterra.
[25] Nel Signore
degli Anelli Aragorn ha il diritto di regnare su Gondor, diritto sancito
dal fatto che le mani del re sono guaritrici (come il tocco dei re Valois si
diceva curasse la scrofola): solo con il ritorno del re la decadenza del regno
può essere fermata e la pace e la prosperità tornare. Ma non possiamo
dimenticare che Tolkien è moderno (e cattolico) nel dirci che sono gli umili, i
piccoli hobbit a garantire la vera vittoria finale. Qualsiasi proiezione e illazione
sulle idee politiche nel mondo reale dello scrittore inglese derivanti dai suoi
scritti epici sarebbero, ancora una volta, pretestuose e fuori luogo.
[26] Ancora una
volta si veda supra la sezione 3. f) dedicata alla formularità.
[27] Questa sua
interpretazione trascendente è condivisa con i pards, perché anche essi
sono membri della compagnia ideale di cui abbiamo detto.
[28] In effetti
verrebbe da chiedersi come potrebbero fare i Navajos senza di lui, circondati
da soldati blu e da coloni aggressivi: ma la risposta è semplicemente la storia
così come si è svolta nella realtà.
PS: le immagini non mi
appartengono e sono per lo più tratte da pubblicazioni della Sergio Bonelli Editore. Sono qui a corredo
dell'articolo di critica e analisi. Questo blog non ha fini di lucro.
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