EPICA E PALLOTTOLE
1. Eterno ritorno o storie eterne?
Non mi nascondo dietro un
dito: le storie di Tex sono (state a lungo) ripetitive [1].
Oltre dieci anni fa io
stesso ho rinunciato da tempo con continuità mensile le
nuove/vecchie avventure del ranger, limitandomi ad acquisti mirati e
di storie autoconclusive (i “Texoni” di Magnus e Kubert; varie
storie a colori). E il motivo era, appunto, quello della ripetizione
delle storie. Cercavo qualcosa di più “nuovo”, in evoluzione: la
formula di Tex, il personaggio Tex erano scolpiti nei canyon della
Riserva Navajo, immobili nel tempo
Ricordo ancora il mio
velenoso esordio sulle pagine della fanzine Ikhnaton (nel
1990!): riguardava constatazioni sul perché i persecutori degli
indiani fossero sempre colonnelli e mai generali; perché ci fosse
sempre una tribù indiana che migrava con l’aiuto di Tex e
l’opposizione delle “giacche blu”; perché Tex fosse andato
almeno tre volte a Washington a parlare con Ely Parker per una
paventata revisione dei confini; perché in Canada ci fosse sempre
una rivolta indiana risolta dall’intrepido ranger in missione north
of the border; perché la tempia di Tex apparisse ancora
ricoperta di pelle viste le non meno di 20 ferite di striscio e colpi
con il calcio della colt dati alla stessa…
Attorno al numero 400
della serie la stanchezza nella produzione di idee di Nizzi sembrava
irreversibile, e non pensavo che lui stesso potesse negarlo o
offendersi di questa considerazione. L’albo doveva/deve uscire ogni
mese (più un “Texone”, un Almanacco del West e un “Minitexone”
ogni anno, i Tex Color...), e reinventare continuamente il West dopo
50’anni non è possibile, neppure ricorrendo a Plutarco [2].
Da allora molte cose sono
cambiate: Mauro Boselli ha preso il posto di Claudio Nizzi come sceneggiatore principe, pur affiancato da altri autori; sotto la sua
guida è iniziato e prosegue una meritoria opera di svecchiamento.
Tuttavia alcuni elementi delle storie e soprattutto dei personaggi
non possono essere toccati, perché questa e’ la filosofia
dell’Editore [3]… ma, attenzione, questa é anche la coerenza
interna del personaggio.
A questo punto qualcuno
penserà che dietro la maschera di difendere l’eroe, dichiarata in
premessa, io lo voglia affondare i colpi con velenosa ironia [4]:
ebbene costui sbaglia.
Anche io sono cresciuto
con Tex: i miei ricordi più antichi di un fumetto riguardano Il
sentiero dei Broncos, Tex numero 188 del Giugno 1976: non avevo
ancora 5 anni!
Anche io, crescendo, ho
cercato delle letture più vicine alla mia età e più consone alla
mia immaginazione e alle mie esigenze. Ma ancora oggi, quando leggo
un nuovo Tex (anche i diversi “Texoni” o i “Color Tex” che
pure, comprati occasionalmente, non mi hanno esaltato), trovo
confortante ritrovare lo stesso eroe, gli stessi istinti di
giustizia, la stessa netta distinzione del mondo in bianco e nero.
Qualcuno forse dirà che
questo modo di caratterizzare gli eroi è superato. Che nonostante i
cambiamenti, la messa in evidenza dei personaggi secondari delle
storie (un po' il marchio di fabbrica di Boselli) Tex (come
personaggio a fumetti) è vecchio. Che nel dire queste parole io
stesso lo condanno.
Sinceramente, pur tenendo
ferme le dichiarazioni sulla limitata variazione delle storie del
ranger, ritengo che la creazione fumettistica preferita dagli
Italiani [5] tragga valore proprio da questa ripetitività. Qui non
si parlerà di gusti personali, ma di efficacia narrativa, di
rispondenza a modelli culturali, di attese del pubblico che ripetono
le attese del pubblico di ogni tempo.
Tex é nato come
personaggio già “adulto” nel 1948, con tematiche, problematiche
e soluzioni adulte, mature e decise, appunto: e questo ha
condizionato la sua evoluzione come figura a tutto tondo [6]. Era un
personaggio talmente forte da diventare paradigmatico, pietra dello
scandalo: ricordiamo l’appassionante (e fuorviante) dibattito
sorto negli anni ’70, mirante a rispondere al (per l’epoca)
fondamentale quesito: “Ma Tex è di destra o di sinistra?”…
Quale altro personaggio
italiano ha goduto di una così positiva ambiguità e quindi di una
così positiva fruttuosa profondità [7]?
Qui si scateneranno le
risate ilari dei detrattori del nostro caro ranger. “Ma come – mi
chiederanno una volta ripresisi – Tex è profondo???”.
Beh, saro’ uno sciocco,
ma il Tex maturo degli anni ’60 lo era. Sul personaggio-Tex si può
dire tutto ed il contrario di tutto, e questo è un dato positivo:
quando un’opera letteraria o un’icona cessa di essere oggetto di
dibattito, allora ha esaurito le sue potenzialità di rappresentare
altro oltre che sé stessa… ovvero cessa di essere icona.
E l’icona-Tex genera
ancora discussioni: lo dimostrano gli stessi detrattori accaniti, le
polemiche proprio sulla sua ripetitività e sul suo successo che
dura.
A mio giudizio, se è
vero che le storie basate sempre sullo stesso canovaccio possono
apparire noiose alla lunga (e lo sono state proprio per me), esse
tuttavia sono necessarie per rendere un personaggio seriale un
personaggio eterno: nella sua complessità Tex è semplice. E' un
vero eroe, un'icona quindi è necessariamente ripetitivo.
Il legame
“ripetizione\iconicità” può sembrare assurdo in un mondo
culturale in cui miti e successi durano pochi mesi (se non poche
settimane) e poi si bruciano. In un mondo, tutto sommato, figlio del
Romanticismo e del suo “genialismo”, influenzato da una visione
parziale dell' “immaginazione al potere” del '68, la ripetizione
sembra una bestemmia creativa. Eppure l'icona ha bisogno della
ripetizione, o non sarebbe icona; e ha bisogno di fermarsi nel tempo,
proprio perché rappresenta quel momento storico.
Si potrebbe obiettare che
il tempo scorre, e che le cose cambiano. Che Marylin è un'icona
popolare perché non abbiamo assistito alla sua decadenza. Ma si
trascura la corrente sotterranea della cultura popolare, che si basa
sulla continuità, sulla variazione minima sulle sue tematiche.
Le domande da porsi sono
dunque diverse dal “ma perché si ripete”. Sono quelle che
indagano se Tex sia davvero un'icona; se sia davvero figlio della
cultura popolare non degli anni '40, ma di quella che è nata in
Egitto o a Sumer, a Roma, e ha assunto una forma specifica nel
Medioevo del'Europa Occidentale; in cosa segue questi modelli
culturali e in cosa se ne discosta.
Rispondere alla prima
domanda è semplice e insieme difficile, perché l'iconicità di un
personaggio è condizionata dallo spazio\tempo in cui nasce.
Di certo Tex ha tratti
iconici, se seguiamo la definizione data dal Dizionario Treccani [8]
Figura o personaggio emblematici di un’epoca, di un genere, di un ambiente
o da wikipedia [9]
Il termine icona (a volte anche icona pop) può essere usato per indicare una persona vista come modello da seguire negli ambiti più diversi di una società: cultura, spettacolo, moda, politica, economia, sport, eccetera. Nella cultura dell'immagine (cultura pop) è di frequente associata a immagini (icone) di personaggi molto seguiti dai media e in voga, che fondano uno stile, un look o un modo di vita che può essere invidiato, seguito o criticato dal pubblico e dalla gente comune.
Tex è icona perché è
stato un modello per i fumetti successivi, per il cinema (non solo
spaghetti-western) italiano e insieme è la sintesi di idee
precedenti. Tex é l’anelito di giustizia, è il non arrendersi mai
di fronte alla prepotenza, è colui che sa dove sia il bene e dove il
male... e il bene è sempre la parte in cui sta Tex. In un'Italia da
ricostruire dopo la guerra è colui che non delega, ma anzi non ha
paura di esporsi per i deboli, e lo fa per l’unica ragione che gli
altri sono deboli e che lui, invece, può fare qualcosa. È un eterno
ingenuo, se vogliamo; un eterno fanatico, potreste dire; un eterno
eroe, aggiungerei.
E' sicuramente figlio del
superomismo del '900, che mescola tendenze anarchiche a tratti
dell'etica gentiliana (il cavaliere solitario rappresentante e
vendicatore della Giustizia, ma anche il “ranger” rappresentante
della Legge).
Come i suoi epigoni Dylan
Dog (che nel suo nucleo essenziale è l’eterno adolescente) e
Martin Mystère (l’eterno curioso), anche Tex deve essere
immutabile negli anni: cavalcherà sempre nelle praterie alla caccia
dei criminali, dei prepotenti. E vincerà.
Tex è icona come
Superman, come Orlando e come Artù: è una figura epica, ma di
un’epica per il popolo, non epica alta per intellettuali.
E qui la prima domanda
che di dovremmo porre davanti a Tex si salda con le successive:
l'epica popolare si è sempre nutrita di storie ripetitive ed
elementari… nel senso che riproducono costantemente e chiaramente
sempre gli stessi elementi costitutivi.
Sento forte le risate dei
miei avversari. Ma come, diranno: si parla di epica? Tex come
Achille, Artù, Orlando?
Io dico di sì in modo
altrettanto forte. Spero di poter dimostrare questa tesi nelle
prossime puntate…
[1] Come detto, questa
serie di scritti trae spunto da riflessioni fatte anni fa per
rispondere all’articolo Dal vangelo secondo Tex, di
Detritus, pubblicato in
www.ultrazine.org/ultrapensieri/detritus02.htm;
una risposta più dettagliata a quello che ritengo essere stato
all’epoca il vero bersaglio di Detritus (ovvero la linea editoriale
della Sergio Bonelli Editore) si troverà nell’articolo Oratio
pro Tex.
[2] Detritus, nel suo
articolo citato, erroneamente indicava in Polibio la fonte di trame
per il Bardo inglese, ma ritengo si sia trattato di un lapsus
calami. In ogni caso gran parte delle trame delle tragedie
Shakespeariane di argomento classico derivano appunto dalle Vite
Parallele di Plutarco.
[3] Ancora una volta si
veda il futuro articolo intitolato Oratio pro Tex.
[4] Questo è il
procedimento scelto da Detritus nel suo articolo.
[5] Ancora una volta: non
parlerò dell'evoluzione della testata-Tex nel suo formato e (in
parte) nelle sue tematiche; qui si vuole mettere in evidenza la
continuità, nei confronti di forme narrative codificate e del
passato editoriale del personaggio.
[6] Lo dimostrano i dati
di vendita non solo degli inediti, ma anche delle ristampe, specie il
successo di quelle (ricolorate) allegate a “La Repubblica”.
[7]Forse solo un altro
delle colonne del “fumetto popolare” nostrano, il Diabolik delle
sorelle Giussani, che proponeva un dilemma etico: un criminale
convinto può essere un eroe? Badate bene: non un criminale costretto
dagli eventi o pentito, ma un criminale ben lieto del suo ruolo!
PS: Le immagini sono tratte per lo più da albi della Sergio Bonelli Editore che ne è proprietaria: qui appaiono solo a corredo dell'articolo. Questo blog non ha fini di lucro
il buon Detritus altrove mi commenta dicendo che la citazione di Polibio non era lapsus, ma voluta dicendoci
RispondiElimina"è senz'altro vero vero che Shakespeare abbia attinto a piene mani ad una traduzione inglese delle Vite parallele di Plutarco per i suoi drammi storici, ma è altrettanto vero che Plutarco stesso considerava Polibio la principale tra le sue fonti"
presentando lungo e articolato curriculum che rivela la sua conoscenza delle fonti del Bardo.
Noi registriamo, ringraziamo per la puntualizzazione e correggiamo!
EugM