2. Epici cavalieri e ranger delle praterie
Ebbene, gentili lettori:
leggete non Chrètien de Troyes, ma l’Espagne; leggete i
poemi canterini e non l’Orlando Furioso.
L'entrata in Spagna dei Paladini |
Se
farete questo, vi troverete immersi e impelagati in decine di
scontri senza apparente senso. A meno di non accettare che il senso
profondo sua quello del meraviglioso, del vedere l’eroe in lotta
contro sempre nuovi nemici, sempre uguali dietro nomi diversi, sempre
in soccorso dei deboli contro i malvagi, a prescindere da quale
colore, religione, rango o epoca appartengano gli uni e gli altri. E
trovare il piacere dell'eroe che vince, e subito si lancia in
un'avventura molto simile a questa.
Leggete La morte
Darthur di Malory, o anche L'Orlando Innamorato di
Boiardo: scoprirete quante fanciulle sono in pericolo dentro un
castello destinate al matriomonio non voluto con un fellone; quanti
ponti guardati possono essere attraversati solo dopo aver vinto il
guardiani; quante città sotto un lago o in un labirinto; quante dame
sono di bellezza incomparabile...
L’epica si nutre di
vette artistiche, che a ben vedere sono la punta di un vasto iceberg
sommerso di produzione popolare. E il nocciolo di questa produzione
“minore” è la ripresa dello spunto e dell’essenza per variare
il tema, senza alcuna mutazione sostanziale.
Ho scritto (è stato
scritto da tanti) che Tex ha spesso seguito questo stesso
procedimento ripetitivo. Tex è dunque l’epica dei nostri giorni?
Lo è, a mio giudizio.
O almeno: di sicuro lo è
stato, perché si inserisce nel filone di un genere nato come Epica
del '900 (il Western) e ne ha colto e raccolto l’essenza mitica. E
in più ha usato per i suoi fini narrativi lo strumento che per
eccellenza, assieme al cinema, ha rappresentato l’Epica del XX°
secolo… ovvero il fumetto.
Quanti messaggi epici
sono passati attraverso il fumetto?
Propaganda bellica,
ottimismo e sogno americano, vasti spazi (non solo terrestri), esseri
con poteri meravigliosi in grado di compiere imprese sovrumane e di
incarnare i sogni…
Il fumetto, per la sua
praticità, per la sua comodità e semplicità di produzione, per la
sua intrinseca capacità di essere fruito più e più volte [1], per
la sua intima economicità, è stato spesso il veicolo solo
apparentemente minore di idee, impressioni e alti valori semplificati
(e semplificanti) che sono propri dell’Epica.
Se il cinema garantiva
quella condivisione, quella fruizione collettiva che la lettura del
fumetto non permette [2], è però vero che il fumetto più che il
cinema si presta alla possibilità di soffermarsi, di rileggere, di
ripetere il piacere della visione. Di muovere la fantasia garantendo
alla fruizione un tempo proprio di ciascun fruitore, non un tempo
imposto dal regista o dall’operatore di macchina [3].
E, rispetto al cinema,
permette una riproduzione autonoma estremamente più semplice ed
economica.
Permettemi una
valutazione che potrà sembrare semplificante: i personaggi del
fumetto - proprio i più semplici, almeno - sono eterni. Il motivo è
semplice: sono archetipi epici.
Superman è un
personaggio superato? Achille lo è?
No, nessuno dei due,
perché sono l'incarnazione dell'eroe eterno [4]. Possono esserci
storie brutte e buone storie, ma la validità dell’essenza del
personaggio non cambia. Superman esce ogni mese, talvolta lo ha fatto
con indegnità quasi senza limite... eppure chi non vorrebbe scrivere
la storia definitiva su Superman [5]? Esattamente come chiunque
voleva aggiungere la sua su Orlando, o su Ulisse all’epoca in cui
erano LORO gli eroi popolari…
Ne consegue che neppure
Tex, eroe archetipico di un West archetipico, lo può essere.
A patto, ovviamente, di
mantenere i suoi caratteri originari. Ma di questo ne parleremo più
avanti.
Chi potrebbe fare la
storia definitiva su Tex?
Nessuno, penso. Perché
nessuno può dire la parola “fine” su un mito, nessuno ha
l’autorevolezza (ed il diritto) necessario per cambiarlo [6].
Tex è ripetitivo perché
non potrebbe cambiare senza cessare di essere sé stesso. Per i miti
l’alternativa è solo tra “essere e non essere”: a loro non è
consentito “essere altro”, se non assai limitatamente.
E, in realtà, solo
apparentemente.
Supes non può non essere
straordinariamente forte: si può fare il divertente giochino di
togliergli o ridurgli i poteri, ma la sua essenza è di averli, non
di essere un uomo. Di spostare pianeti, non di stancarsi nel farlo.
Clark Kent non è epico,
il suo rifiuto di usare i poteri è un sotterfugio per far
identificare il lettore. Questo rifiuto non è l’ira di Achille,
poiché l’enorme distanza tra l’eroe e l’uomo esiste anche
nella sdegnosa rinuncia del Pelide, mentre Superman sembra
inconsciamente desiderare di identificarsi con chi protegge, alla
ricerca di una normalità impossibile [7].
Achille uccide Pentesilea |
Allo stesso modo Tex. Si
potrebbe addirittura fare una storia in cui sbaglia (eresia!), ma
deve essere solo un episodio e non deve essere un errore decisivo,
che coinvolga innocenti: dare come presupposto delle storie il fatto
che sia irrimediabilmente minata la certezza di Tex nelle sue azioni,
é scrivere storie di un casuale omonimo, non del nostro ranger.
Personaggi della stessa
casa editrice come ad esempio Dampyr o Nathan Never o i recenti
Orfani nascono subito come personaggi in mutamento, perché non
saranno mai miti [8]. Non sono nati per esserlo, né ci possono
riuscire con il tempo: non sono arrivati a un livello di profonda
semplificazione tale da esserlo. Sono sfaccettati, ambigui,
fallibili. Sono VEROSIMILI. Sono eroi dei nostri tempi ma non di
tutti i tempi. Umani. Possono narrarci storie più vicine a noi, ma
non possono essere esempi atemporali.
A questo punto uno dei
miei 18 follower potrebbe contestare che non è compito di uno
sceneggiatore di una casa editrice popolare indicare esempi…
La risposta non può che
essere: “E perché no?”
Omero è stato il cardine
della cultura greca, perfino nelle democrazie così lontane dai
superbi re/eroi achei. Lo spettacolo dei “pupi” siciliani, che ha
come protagonisti i paladini di Carlo Magno non è certo esclusivo
delle classi alte, ma anzi er rivolto a un pubblico culturalmente
modesto… E per essere (apparentemente) irriverenti, la televisione
ha fornito alla cosiddetta “Goldrake generation” valori epici ed
etici (l’abnegazione, la sofferenza e il sacrificio per gli altri,
il coraggio di esporsi e di impegnarsi per una salvezza non tanto
propria quanto degli altri) attraverso degli eroi popolari e
ripetitivi, con una psicologia semplice, azioni-tipo ricorrenti e
così via.
L’Epica “per il
popolo” mira all’identificazione del fruitore con l’eroe. Ma si
tratta di una identificazione non per verosimiglianza e abbassamento
(l'eroe è simile all'uomo comune) ma per aspirazione e innalzamento
(l'uomo comune sogna di essere come l'eroe).
Questo processo di
identificazione spesso genera nel
fruitore\lettore\ascoltatore\spettatore la creazionefanfic
è solo l'ultima versione digitale di un'esigenza creativa che ha
attraversato il tempo.
Orlando infuria sul campo di battaglia |
Questa creazione apocrifa
è frequente nei bambini, meno carichi di esigenze di realismo e più
disponibili a quella sospensione dell’incredulità che è richiesta
dall’Epica. I ragazzi e gli adulti diventano progressivamente più
restii (o più pigri o più timidi) nei confronti della creazione
autonoma per imitazione, accettando al contrario, spesso supinamente,
la ripetizione “autorizzata” da parte degli autori [9].
Vi dirò che neppure io,
nella mia giovinezza, ho resistito alla tentazione di scrivere la
storia definitiva su Tex. Un bel Western crepuscolare, magari
sottolineando l’esigenza di giustizia con una bella vendetta
finalmente necessaria (che so: in seguito all’uccisione di
Carson!), un Tex che scompare come Kenshiro [10] nel sole nascente o
morente, alla ricerca di criminali “finché avrò fiato in corpo e
una pallottola nella mia colt”…
O Tex chiuso in un
gioiello, destinato per l’eternità a impedire a Mefisto di portare
il male sulla Terra [11].
Ma non sarebbe stata la
storia definitiva: sarebbe stata solo un’ennesima versione delle
leggende che i cowboys e gli indiani narrano a volte intorno al fuoco
quando un coyote in lontananza ulula…
Aggiunte alla leggenda,
appunto, ma necessarie per renderla viva, come l'Epica richiede.
[1] a differenza del
cinema prima dell’avvento delle VHS, il fumetto era, assieme a
poche stampe d'arte, il modo per assistere a opere visive a basso
prezzo. Da qui la sua espansione verso lidi meno epici ma altrettanto
popolari, come il fumetto erotico, il porno (dalle Tijuana Bibles
al Tromba),
l'horror (l'EC Comics e la Warren). L'avvento dei sistemi di
riproduzione video ha modificato questo quadro, Internet lo ha
rivoluzionato.
[2] Condivisione e
partecipazione dell’ascolto/visione che invece erano propri
dell’Epica antica. Solo per fare un esempio, possiamo ricordare
l’episodio in cui Odisseo giunge al banchetto nella reggia di
Alcinoo: l’aedo Demodoco canta davanti a tutti i presenti i fatti
della guerra di Troia, finita da dieci anni.
Difficilmente la lettura
dello stesso albo a fumetti (inteso come singolo fascicolo cartaceo,
non la stessa storia) può essere condivisa da più di due, tre,
massimo quattro persone per volta: la separazione fisica della
fruizione cambia notevolmente la percezione e la fruizione stessa del
messaggio.
[3] si veda il mio
articolo comparso su Conversazioni sul Fumetto a QUESTO indirizzo e a QUESTO, prossimamente rivisti e
ripubblicati su questo blog.
[4] riprendo il concetto
di “Campione eterno” sviluppata da Michael Moorcock in diverse
saghe per lo più fantasy, come quella di Elric di Melnibonè.
Un'illustrazione per i poemi canterini |
[5] In questo senso,
Superman ha avuto la fortuna di un eccezionale cantore della sua
morte:
Sto invece parlando del
Bardo di Northampton, l'unico e solo Alan Moore, l'uomo che ha fatto
della sua profonda conoscenza del fumetto e della letteratura in
senso lato il suo marchio di fabbrica. Dall’alto della sua
auctoritas di osannato scrittore, Moore ha scritto la vera
morte di Superman in Cosa è successo all’Uomo di Domani?.
Qui, utilizzando
tutti gli stilemi più classici e retro’
del Kryptoniano ha dato alla
saga una fine tutto sommato prevedibile e “giusta”, senza per
questo impedire storie PRECEDENTI a questo avvenimento nella
cronologia immaginaria di Supes… nel puro stile dell’epica. Come
tocco in più, la
storia è disegnata da Curt Swan: il tratto di questo autore
aveva caratterizzato il Superman ingenuo degli anni ’60 e ‘70,
l’ultimo epico prima dell’avvento dei supereroi problematici e
“umani”.
Non dimentichiamo che
l'episodio di Moore e Swan si collocava nel contesto della
transizione tra l'universo pre-Crisis e post-Crisis: l'intera saga di
Crisis on the infinite Earths
era un canto di morte. Un Epico canto di morte.
La predilezione di Moore
per delineare l'episodio conclusivo di una saga, della consapevolezza
della necessità della “morte” (in senso lato) dell'eroe, si può
trovare nell'abortito progetto The twilight of Super-Heroes
che è reperibile in rete. Alla luce di recenti fenomeni editoriali,
ci tengo a sottolineare che no, Superman e il resto degli eroi DC non
diventavano vampiri!
[6] L’unico ad avere
un’autorità simile su Tex era G.L. Bonelli non in quanto ideatore,
ma in quanto il maggior interprete del suo stesso personaggio. Questa
identità non é sempre così automatica come sembrerebbe facile
credere: la reinterpretazione di Batman come psicopatico fatta da
Frank Miller in The Dark Knight Returns é oggi più
condizionante per i posteri di quella data dallo stesso Bob Kane, il
creatore dell’uomo-pipistrello, e non solo perché Miller é più
vicino ai nostri gusti.
La scomparsa del Grande
Vecchio ha lasciato l’eredità della scrittura a Claudio Nizzi e in
seguito a Mauro Boselli: ma non sembra rimasto lo stesso piglio epico
e, di conseguenza, la stessa autorevolezza nell’imporre anche al
lettore le decisioni dell'autore e le svolte narrative.
[7] Che il divenire
definitivamente Clark Kent sia la fine dell’epica di Superman è
stato ben intuito, come detto, da Alan Moore: nella sua meravigliosa
Cosa è successo all’omo di Domani l’autore di Nothampton
descrive la MORTE del personaggio eroico, in uno scontro epico; il
fatto che l’essenza mentale sopravviva nella forma di Clark Kent,
non nega che Superman sia morto e che se quella storia viene presa
come termine ultimo, egli non possa resuscitare, salvo escamotages
di recupero di poteri che inficerebbero il valore della storia
stessa... come accaduto nella saga La Morte di Superman di
Dan Jurgens e Louise Jones\Simonson. Questo
era un classico tentativo di restituire una patina epica al
personaggio per fini commerciali, strombazzandone la morte, salvo poi rivelare che
proprio morte non era, negando così ogni epicità alla narrazione. Vi rinvio a questo mio post sull'argomento.
Nell’altra grande
storia di Moore su Superman, Per l’uomo che ha tutto,
scopriamo che il sogno più nascosto del supereroe è quello di
vivere una vita ordinaria e senza poteri su Krypton non distrutto…
ma Superman si sveglia, perché sa che quella NON PUÒ ESSERE la sua
realtà. Insomma: un Clark Kent realistico e davvero umano non è
Superman, né potrebbe esserlo.
Questa verità è stata
contestata da John Byrne, l'autore a cui si deve il reboot del
Superman post-Crisis. Lo
scrittore\disegnatore canadese fa dire a Lex Luthor in Man
of Steel n.6: “Un uomo con il potere di Superman non può
fingere di essere un comune terrestre! Quel potere dev’essere
sfruttato continuamente… deve essere usato!!!”.
John Byrne usa questa
frase per ironizzare sull’intelligentissimo Luthor che non riesce
ad accorgersi dell’identità segreta di Superman. Ma è pur vero
che mostra un Luthor “romantico”, in grado di vedere solo la
dimensione epica del suo avversario, e non quella brutalmente logica
e banale del razionalismo di un computer... o di un marketing che
chiedeva un eroe “più al passo con i tempi”.
Comunque, sia dalla DC
che dalla sua rivale storica, la Marvel, viene continuamente ripetuto
che a fare l’eroe non sia il superpotere, ma la volontà, il
coraggio, la scelta; implicitamente viene sottinteso che anche i
lettori possano essere eroi, i veri eroi (vedi a tal proposito i vari
albi dedicati all’11 settembre 2001).
E' superfluo aggiungere
che da un punto di vista epico l’uomo comune è abissalmente,
costituzionalmente inferiore all’eroe. Il lamento di Achille morto
nella Nekyia (Canto XI dell’Odissea: meglio essere
servo e godere del sole che essere morto) non inganni: esso è dovuto
più alla concezione della crudeltà della morte nell’autore del
poema che a una reinterpretazione del personaggio; messo di fronte
alla scelta se avere una vita lunga e oscura o una vita breve ma
gloriosa, Achille scelse da eroe la seconda, e non poteva scegliere
diversamente, perché il Pelide era un eroe PRIMA ANCORA di compiere
azioni eroiche.
[8] La parola non viene
qui usata, naturalmente, nel senso comune e familiare del termine, ma
nella sua accezione letterale e tecnica.
[9] Sarebbe interessante
un'analisi sociologica e pedagogica sull'immedesimazione cosciente
data dai videogames, considerati a lungo i “nemici” del fumetto
(dopo la televisione) perché riguardavano spesso la stessa sfera di
pubblico. Mi spiego: quanti ragazzi “giocano” a impersonare i
videogames, al “facciamo finta che io sono X e tu Y”, così come
si faceva un tempo con gli eroi dei cartoni o dei fumetti? Stiamo
prescindendo da situazioni volutamente formalizzate (il cosplay e
il Gioco Di Ruolo, dove la distanza tra interprete e
interpretato è chiara) o al limite e oltre il limite del disturbo
(l'incapacità di distinguere la realtà dalla fantasia).
Qui non c'è lo spazio (e
soprattutto mancano le conoscenze disciplinari specifiche) per
approfondire.
[10] Altro personaggio
intrinsecamente epico, per le sue lotte familiari in difesa dei più
deboli, la sua abnegazione, la sua infallibilità, la sua capacità
di combattimento superiore a quella degli altri esseri, le sue lotte
contro mostri e giganti a difesa dei più deboli.
[11] Si veda l’ultimo
di questa serie di articoli: Le Morte Tex e la leggenda
Ps: gran parte delle immagini appartiene alla Sergio Bonelli Editore o alla DC Comics e ai loro autori; le altre sono tratte dal web: non mi appartengono in alcun modo, e qui sono a corredo dell'analisi. Questo blog non ha fini di lucro.
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