Uno spettro si aggira per il mondo
(della creatività).
E' lo spettro del “Ma questo io l'ho
pensato X anni fa!”.
Pensateci.
Non vi è mai capitato di riflettere
sul fatto che quella serie figa che c'è sul web è
'QuasiUgualeAnziNoèProprioQuelloCheAvevamoPensatoQuandoAvevamo17Anni'?
Non vi è capitato?
A me sì.
In due giorni mi è capitato di
a) guardare QUESTO
(il video è stato rimosso dal web per richiesta di Shueisha sigh! Comunque era un primo espisodio con scontro di divinità ambientato in Sardegna)
b) leggere QUESTO
c) rivedere episodi di QUESTO
E stramaledire, dopo gli inglesi e gli
spagnoli (4-0, malditos e malditas las nuestras pippas a
cientrocampos...), i giappinghi e il borgataro.
Perché idee simili le avevamo avute
già noi.
Ora: non è che sto per fare causa per
'furto' di idea (ma quando mai? E come avrebbero potuto sapere le
nostre elucubrazioni da nerd?), né ho la brama di mettere il “ma
c'ero prima io” che spesso prende nei commenti ai blog\profili più
di moda (quindi non parliamo di questo blog).
No, è soltanto l'occasione per una
riflessione sul mondo del fumetto e, più in generale, della
creatività.
Perché i tedeschi, che di spettri ne
sanno, hanno un nome per le idee che circolano per l'Europa ma che
solo quelli più determinati sanno sbatterti in faccia: Zeitgeist, lo
Spirito dei Tempi.
Ora, Zeitgeist vuol dire anche una
marea di altre cose, ma siccome di tedesco ne so poco, mi piace
pensare che la parola qui ci stia bene. Nel mio personalissimo
vocabolario, con “Zeitgeist” intendo quelle idee “che sono
nell'aria”, di tutti e di nessuno. In attesa di concretizzazione.
Se qualcuno concretizza.
Che arrivano a te, quando hai tanti
sogni, direttamente via Iperuranio. E tu, che sei uno sfigato
nerdeggiante, ci fantastichi sopra, costruisci, rimandi, finché non
le realizza qualcun altro.
Voler raccontare una storia comporta
rischi. Sempre. Uno dei principali che ho sperimentato sulla mia
pelle quando facevo giochi di ruolo è che per qualcuno (in quel caso
io) lo scenario di sfondo può diventare più importante della storia
da raccontare. Che finisce per non essere raccontata.
Ora.
Siamo figli del postmodernismo, del
citazionismo, dell'-ismo con suffisso variabile. Siamo una civiltà
che non riesce a riciclare i propri rifiuti solidi, ma ci riesce
benissimo con quelli umani (angolo della demagogia: politici,
cantanti, attori, calciatori...) e con quelli spirituali (movimenti
culturali, mode, frammenti di testo, idee per
film\fumetti\film\video\film...).
Quindi, ad esempio, l'idea di The Big
Bang Theory non è che possa considerarsi inaspettata.
Un mondo che più o meno nello stesso
anno aveva partorito Man-Thing per la Marvel e Swamp Thing per la DC,
come poteva farsi sfuggire il vasto mondo dei nerd?
Nerd guardati con occhio amichevole,
per beccarsi il pubblico nerd che ride di sé stesso ma senza farsi
male e per avere una identificazione in positivo con i propri “eroi
sullo schermo” (come i comici ebrei USA, che spesso sono
autoreferenziali alla propria comunità), ma abbastanza “alieno”
per attirare quelli che hanno bisogno di avere una “identificazione
in negativo” (non sono un nerd come quelli, ma ne conosco un sacco,
guarda quanto sono ridicoli!).
OK. Nel 2006, sulla base di una tavola
realizzata in uno stile umoristico da un disegnatore che conosco, mi
viene in mente di spostare in ambito fumettistico un'idea avuta
all'epoca del mio mollamento da parte della mia ex storica (sì,
Signor Leopardi, Herr Beethoven e Lord Byron, concordo: un po' di
sofferenza fa venire voglia di comporre).
Niente capolavoro, sia chiaro, ma una
storiellina carina (tale mi sembra ancora oggi), senza troppi buchi
di soggetto, che poteva andare. Tant'è che la presentammo a un
rappresentante della Beta Edizioni (la lettera greca è stata
modificata per tutela della privacy, come direbbe ZeroCalcare) che ce
la segò più o meno senza leggerlo a un tavolo della pizzeria, solo
perché nella lettera di presentazione che gli avevamo dato col
cartaceo avevamo scritto “progetto per un fumetto” e non
“progetto per un libro”. Magari ricordo male e mi scuso nel caso,
magari lo ha anche letto e pietosamente non ci ha fatto sapere che
provocava effetti collaterali indesiderati (tipo la pizza che
prendemmo quella sera). Magari non ha avuto tempo per risponderci.
Magari le inondazioni, le cavallette...
O semplicemente, cosa che noi che
vorremmo non capiamo, chi è “arrivato” dall'altra parte della
produzione non ha voglia di leggersi le decine (?) di cose che le
(non “gli”, visto a chi lo presentammo) vengono presentate.
Succede. Io leggo i temi dei miei alunni per lavoro, ma non so se
leggerei le loro composizioni aggratis. Magari perdo un capolavoro.
Magari guadagno dieci minuti della mia vita da dedicare a questo
blog.
Sta di fatto che l'idea non ha futuro.
Quindi finisce nel dimenticatoio
assieme ai vari progetti che si dovevano realizzare con il
disegnatore di cui sopra.
Poi esce The Big Bang Theory. E io a
dirmi\dire ad altri amici che erano con me nella fanzine dell'epoca:
“Ceeeeeee! Guarda che assomiglia tanto all'idea che avevo avuto!
Vita quotidiana di nerd!”.
Poi leggo ZeroCalcare e mi dico\dico
agli altri amici etc.: “Ceeeeeee! Guarda che assomoglia tanto
all'idea che avevo avuto! Il nerd interagisce con personaggi
dell'immaginario collettivo come se fossero veramente reali!”.
Poi vedo “Kam-pi-ooo-niiii” e dico:
“Ceeeeee! […] Ma questo è un mix tra l'idea di Antoine su
XXXnaan e mia e di Troia Roar sui ZZZmi!” (non ho pezze o un timbro
di “visto censura” a disposizione per occultare i titoli degli
immortali capolavori)
Emmmavaffangùùùùùùl.
Lo Zeitgeist si era fatto “odorare”
da lontano in anticipo, e noi (io) che non abbiamo saputo onorarlo
con offerte di realizzazioni, abbiamo perso il treno.
Qualcuno, invece, seppure dopo (o
magari prima? Chi lo sa), ha prodotto. E ci ha lasciato la magra
consolazione che l'idea funzionava.
Specifico: lungi da me dire che se mi
fossi mosso avrei fatto una cosa altrettanto divertente quanto quella
di ZC, o spettacolarmente standard come Campione.
Non lo so.
Il vero problema, il vero rischio, è
che forse non lo saprò mai. Perché se non si realizza, un'idea
fugge. Quello che conta è ciò che fai, non ciò che idei in una
notte d'estate (o in anni di limatura che non da' esito).
Perché non conta essere in un ambiente
stimolante, fatto di potenziali innovatori, se nessuno si prende la
responsabilità di concretizzare i sogni. E' probabile che se uno
parte, apre una porta e gli altri seguiranno (vedi il Atene del V
secolo, Firenze del Rinascimento, la Francia dell'Illuminismo, la
Gran Bretagna degli anni '60...), ma se nessuno parte per primo...
Questo è uno dei rischi del fare
fumetto.
Cosa fare dunque, ora?
C'è chi continua a cercare questo
spettro nella macchina (o nel nocciolo) e a raccontare sempre la
stessa storia perché non ha mai finito di raccontare quella storia
come avrebbe voluto.
E chi cerca di far finta di essere in
ritardo quando era in anticipo, semplicemente per dire di esserci
stato.
Oppure resta un'idea da raccontare da
vecchi e stanchi alla locanda, davanti a un quartino di rosso dopo
aver maledetto le donne, il tempo ed il governo, esaltando ciò che
non è stato.
Uno spettro.
Immagini e links dal Web, qui usati per
illustrare lo sfogo.
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