mercoledì 21 marzo 2012

Parole (e) immagini (meno 3.21 al BigT)


Come avrebbe detto Bilbo Baggins, le strade sono pericolose: gironzolando, si parte da un luogo e non si sa dove si arriva. Sul web accade lo stesso (o, per lo meno ***mi*** accade).

Ci sono però siti che si consultano con una certa regolarità perché sono interessanti e corrispondono ai miei gusti, anche fumettistici.

Tra loro, quello di Conversazioni sul Fumetto.

Che oggi, QUI presenta un interessante caso di uso creativo del lettering. 
Un uso del lettering che è derivazione dei calligrafi sulla scia dei latini e greci Carmina picta (vedi QUI un esempio di un autore latino se la letteratura della decadenza classica non ti è familiare).
Ovviamente i calligrammi sono arrivati fino a noi, e sono divenuti un cavallo di battaglia dei futuristi e dei cubisti (mai cercato di leggere “Pallone turco frenato” di Marinetti o qualcosa di Apollinaire? Se volete, trovate esempi QUI).

Il post di CsF è per sé stesso validissimo e favolosamente interessante.
Però mi piace segnalarlo ora perché, tutto sommato, si collega al discorso sull'uso dei mezzi espressivi del fumetto che sono propri di questo medium e che abbiamo iniziato a vedere nel post precedente.

E, siccome l'appetito vien mangiando, e quando inizi una strada non sai dove ti porta, l'analisi di Watchmen iniziata nel post precedente mi ha risvegliato proustianamente altri ricordi sulle opere di Moore.
E sulla sua abilità, appunto, di usare tutte le potenzialità del fumetto (e pressoché esclusive del fumetto).

Così mi è tornata in mente la prima tavola di From Hell.
Sì, quella delle teste mancanti nella prima edizione.
La vedete qui sotto


nell'edizione Magic Press del 1999.

Cosa c'è di geniale in questa tavola?
Una sola cosa (eccetto il gabbiano\seaGULL ormai putrescente).

Il lettering.

Come per i nomi di Dio di cui parla CsF.
From Hell #1, Tavola 1, Vignetta 3.
I due Vecchi sulla Spiaggia sono lontani. Quindi ciò che dicono è solo un mormorio lontano, indistinguibile.
E il lettering si adegua: indistinguibile.

Non so se Moore sia stato il primo a usare questo artificio, semplice eppure efficacissimo... e ben poco usato da altri.
Però qui è usato davvero bene.

PS
(i Copyright delle immagini di From Hell, così come quelli delle altre immagini del post, sono ovviamente degli aventi diritto; le pagine qui sono a solo titolo di spunto per l'analisi critica)

domenica 18 marzo 2012

FIDA DIDA 3 (Meno 26.27 al BigT)



L'abbiamo detto: in Watchmen Alan Moore usa diversi tipi di didascalia.
Nessuno di questi comprende didascalie classiche (indicazione di tempo\luogo) e, seppure in modo assolutamente non tradizionale, solo in un caso abbiamo didascalie che contengono pensieri.

Il primo modo che analizzeremo, è forse quello più frequente nei diversi episodi. Anzi: è il primo ad apparire nel fumetto.

Ovviamente stiamo parlando del diario di Rorschach.

Le tavole che riportiamo qui sotto
   

sono tratte dal capitolo II, tavole 26 e 27.
Si tratta di due esempi tipici di come la “voce fuori campo”, rappresentata qui dal diario, faccia da contrappunto ai disegni delle vignette, legandosi a loro attraverso l'analogia (positiva o negativa).
O, viceversa, sono i disegni a dare alle didascalie un significato differente a quello che ci aspetteremmo, visto il flusso di informazioni che le precede e le segue nell'immaginario diario.

Insomma: il legame che si crea tra disegno e testo arricchisce entrambi di significati nascosti.

Tutte le immagini, inoltre, non raffigurano mai Rorschach che scrive ciò che compare in didascalia, tecnica usata altrove e tanto cara alla Bonelli (solo a titolo di esempio tra i tanti, in Martin Mystère #1 tavola 41 e Dylan Dog Speciale numero 5 tavola 1).
 

Torniamo a Watchmen.

Ho scelto queste tavole per vari motivi.
Primo perché è uno dei miei episodi preferiti, una sorta di “Citizen Blake”. La vita del Comico non raccontata da lui, né da un punto di vista oggettivo, esterno, ma da chi lo ha conosciuto.

Secondo perché c'è almeno una vignetta che per me è un capolavoro, da un punto di vista del linguaggio del fumetto.

Terzo, ma non ultimo: tutta la costruzione di queste tavole, oltre a essere esemplare di quello che voglio dire, è praticamente perfetta nell'interazione tra testo e disegni.

Un breve inquadramento di ciò che è accaduto poco prima nei due albi della serie è necessario.
Siamo in un cimitero, è appena terminato il funerale di Edward Blake, il Comico.
Al funerale Jacobi, un tempo noto come Moloch, criminale nemico del vigilante Blake, ha deposto un mazzo di rose sulla tomba.

Chiedendo perdono per i (necessari) spoiler del seguito, seguite Rorschach che a tavola 25 entra nel cimitero sotto la pioggia, girate pagina e...

TAVOLA 26
Vignetta 1.
Dal Diario di Rorschach: “Nel cimitero tutte le croci bianche in fila, segni precisi di gessetto su una grande lavagna. Reso estremo omaggio in silenzio”.
Rorschach avanza solitario verso la tomba di Blake, nel silenzio della pioggia.
Questa didascalia, in effetti, non sembra così pregnante, non sembra intervenire ad aggiungere qualcosa a quanto raffigurato dai disegni. Certo, Rorschach è effettivamente solo,
ATTENZIONE, SPOILER!
e per la sua morte (lo scopriremo) nessuno dirà nulla. La sua morte sarà preceduta da un grido.






Vignetta 2
Dal Diario di Rorschach: “Edward Morgan Blake. Nato nel 1924. Comico per quarantacinque anni, morto nel 1985, sepolto sotto la pioggia. E' così che succede? Una vita a lottare, senza tempo per gli amici...”.
La vignetta presenta Rorschach che si specchia in una pozzanghera presso la tomba di Blake.
Di chi parla la didascalia? Nel flusso del diario di Rorschach è ovvio che si parli di Blake, ma il disegno del riflesso suggerisce un significato diverso e più ampio: la frase parla anche di Rorschach, della sua asociale lotta contro il male.
Anche lui non ha tempo per gli amici, e...
ATTENZIONE, SPOILER!
anche lui morirà durante la sua lotta. Non sotto la pioggia, ma sotto la neve.

Vignetta 3
Dal Diario di Rorschach: “... e alla fine sono solo i nemici a portarci delle rose”.
L'inquadratura mostra Rorschach in piedi, ed evidenzia il mazzo di rose portate da Jacobi.
Qui testo e immagine si combinano rafforzandosi a vicenda. Tuttavia, se vogliamo, insieme alla vignetta 1 è la meno particolare: in essa, non banalmente ma senza picchi, disegni e testo semplicemente rimandano gli uni all'altro.

Vignetta 4
Dal Diario di Rorschach: “Vite violente finiscono nella violenza. Dollar Bill, Shilouette, Capitan Metropolis... Non moriamo mai nel nostro letto. Non ci è concesso”.
L'immagine è un flashback: l'assassino con un calcio violento apre la porta della casa di Blake, seduto davanti alla televisione.
L'immagine rimanda a ciò che dice il testo, il testo (benché proprio Blake non sia nominato nell'elenco dei vigilantes uccisi!) all'immagine.
E qui incomincia una struttura che vede un flashback dell'omicidio di Blake alternarsi a un'immagine tratta dai ricordi dei diversi personaggi che, al funerale e dopo, ripensavano al Comico.
Questa vignetta, come tutte le altre dell'assassinio di Blake, è ripresa dall'albo I della serie.
ATTENZIONE, SPOILER!
Se vogliamo la frase del diario di Rorschach anticipa anche le modalità della fine del suo scrittore...

Vignetta 5.
Dal Diario di Rorschach: “Qualcosa nella nostra personalità, forse? Un istinto animale a lottare ci rende ciò che siamo? Non importa. Facciamo il nostro dovere”.
Ancora una vignetta di flashback, non consequenziale a quella precedente.
Una vignetta illuminante della tecnica di Moore, nella sua crudezza.
Perché il testo del diario parla di Rorschach e di tutti i vigilantes, ma soprattutto di Blake, il Comico. E nella vignetta c'è un flashback del 1940, dove Blake sta stuprando Silk Spectre, così come avevamo visto alle tavole 4-8.
Quello era il “dovere” di Blake?
Un ultimo tocco: nella sala in cui avviene lo stupro, viene inquadrata una teca in cui c'è la grottesca maschera da gorilla usata dal King Mob. L'istinto animale di cui ci parla la didascalia? Quello che spinge a lottare?
Ma, in fondo, come dice Rorschach, “Non importa”. E sarebbe davvero diabolicamente dantesco (nel senso del controllo assoluto dei diversi livelli dell'opera), se questo “non importa” fosse riferito all'evoluzione di quella scena che
ATTENZIONE, SPOILER!
vedrà come anni dopo, a Silk Spectre “non importerà” più dello stupro, e tra lei e Blake ci sarà qualcosa che forse è solo un altro degli “strani tipi di amore” che troviamo nelle opere di Moore.
FINE SPOILER!

Per me, questa singola vignetta è un capolavoro del fumetto. Non per la grande immagine, o per il testo profondo. Ma per la capacità di fondere insieme testo e disegno, e di rendere l'insieme qualcosa che è superiore alla somma delle parti.


Vignetta 6
Dal Diario di Rorschach: “Altri nascondono la testa fra le tette gonfie dell'indulgenza e della giustificazione, maialini che si dimenano al sicuro sotto una scrofa... Ma non c'è riparo”.
Nel disegno ancora un flashback di Blake che viene colpito senza pietà dal suo assassino.
Fin qui potremmo pensare che si colleghi al “non c'è riparo” della frase di diario.
Ma perché in didascalia appaiono “maialini” e “tette”?
A guardare bene, la testa di Blake finisce su un quadro, esattamente in corrispondenza... delle predette “tette”!
Lo humor nero di Moore colpisce peggio del pugno dell'assassino!







Vignetta 7
Dal Diario di Rorschach: “... e il futuro ci piomba addosso come un treno in corsa”.
Ci saremmo forse aspettati dal disegno un altro pugno che arriva su Blake “come un treno in corsa”, ma Moore non è così prevedibile.
La struttura, l'abbiamo detto richiede che l'ennesimo flashback sia ripreso dai ricordi.
Stavolta si tratta di quelli di Ozymandias (albo II, tavole 9-11); nel 1966 Blake brucia il foglio in cui Capitan Metropolis aveva descritto i problemi dell'America.
E lì la battuta di Blake recitava “... entro trent'anni le atomiche voleranno come mosconi”. Forse non si tratta di un treno in corsa, ma nel 1985 di Watchmen (in anticipo sulle previsioni di Blake) la minaccia nucleare era ben più che un'ipotesi remota.

TAVOLA 27
In questa tavola il gioco procede, forse più scoperto e meno stratificato.
Vignetta 1
Dal Diario di Rorschach: “Blake aveva capito. Lo trattava come uno scherzo, ma aveva capito. Vedeva le crepe della società, gli ometti mascherati che cercavano di reggerla in piedi...”.
E che Blake avesse capito qualcosa sembra chiaro dal disegno (anche questo un flashback dell'assassinio, come da struttura): la testa di Blake scaraventata contro uno specchio. Le crepe ci sono tutte, nello specchio, non solo nella società.
Blake è lo specchio di questa società che sta precipitando verso la catastrofe, se vogliamo.
Lo specchio si rompe, la maschera, l'alter ego, lo specchio deformato di Blake, non può più reggerla in piedi.
Anzi, non regge in piedi neppure sé stesso, visto che viene tenuto (e battuto come uno straccio) dal suo assassino.

Vignetta 2
Dal Diario di Rorschach: “Vedeva il vero volto del XX secolo e aveva scelto di diventarne un riflesso, una parodia. Nessun altro lo vedeva, per questo era solo”.
Nel disegno flashback dai ricordi del Dottor Manhattan del 1971 (albo II, tavole 12-15): la ragazza vietnamita sfregia Blake in una delle tante scene di Watchmen viste di riflesso su uno specchio o su una pozzanghera.
Ecco il vero volto, un volto riflesso, un volto sfregiato. E' il Comico, che non recita, che non dice una battuta (ne dirà una sola, nerissima, in tutta la serie), ma che affronta una realtà che non potrà dimenticare.
E lo fa dopo che aveva detto alla ragazza che la stava lasciando. Che sarebbe rimasto “solo”, come da didascalia.

Vignetta 3
Dal Diario di Rorschach: “Ho sentito una storia. Un uomo va dal dottore. E' depresso. Dice che la vita gli sembra dura e crudele”.
Flashback dell'assassinio: Blake a terra, indifeso, colpito selvaggiamente dal suo assassino.
Fin troppo facile legarlo alle parole del diario.

Vignetta 4
Dal Diario di Rorschach: “Dice che si sente solo in un mondo che lo minaccia e ciò che lo aspetta è vago e incerto”.
Il disegno è un flashback di Nite Owl (anno 1977, raccontato alle tavole 16-18 di questo albo), con il Comico in piano americano, solo, con un mitragliatore in mano.
Nella vignetta “originale” diceva che il sogno americano si era avverato, con il caos delle manifestazioni. Il Comico era davvero solo nella sua lotta, perché nel 1977, subito dopo questa immagine, lascerà Nite Owl, perdendosi nella nebbia degli incendi e dei lacrimogeni e della fine confusa del sogno americano.

Vignetta 5
Dal Diario di Rorschach: “Il dottore dice: “La cura è semplice. In città c'è il grande clown Pagliacci. Vallo a vedere e ti tirerà su”.
Ancora flashback dall'assassinio di Blake, e humor nero.
Collegare il clown Pagliacci e il Comico è ovvio.
Tirarsi su? Blake è ormai esanime, tenuto su soltanto dalle mani del suo assassino.

Vignetta 6
Dal Diario di Rorschach: “L'uomo scoppia in lacrime. “Dottore”, dice...”.
Flashback dai ricordi di Jacobi, poco prima dell'assassinio di Blake: il Comico è in lacrime.
La didascalia dell'ultima vignetta, la battuta, ci spiegherà il collegamento tra testi e immagini di questa vignetta.

Vignetta 7
Dal Diario di Rorschach: “Pagliacci sono io”.
Ultima vignetta, ultimo flashback. La battuta nel finale. Il Comico viene scagliato fuori dalla finestra, e andrà a morire schiantandosi.
Lui era il clown, il Comico, Pagliacci.
Nessuna speranza.

Cosa dire?
Da applausi.

E tutto questo viene rafforzato dalla struttura compositiva delle tavole.
Le due tavole sono disposte a chiasmo l'una rispetto all'altra: Tavola 26 ha un'unica vignetta nel modulo 1-3, tavola 27 chiude con un'unica vignetta in 7-9; entrambe hanno negli altri moduli due registri da tre vignette ciascuno.
Inoltre i flashback sono condotti su un duplice avanzamento temporale.
Come detto alternano la sequenza dell'omicidio di Blake (1985, le 6 vignette sono in ordine cronologico) a 5 flashback dei racconti visti negli albi I e II. Anche questi ultimi sono presentati in ordine cronologico... e nell'ordine in cui sono apparsi nella serie!
E, come evidenziato sopra, la didascalia della vignetta ripresa spesso ha un riferimento al testo dei testi delle vignette così come comparivano nella posizione originaria!

Signori, questo è controllo del medium fumetto, delle sue potenzialità.

Struttura delle tavole, testi e disegni di ciascuna singola vignetta, tutto contribuisce all'effetto complessivo, da grande pagina del fumetto.
E, per quanto ci riguarda in questa sede, da grande insegnamento della tecnica con cui usare le didascalie.

Ma questa tecnica non è l'unica freccia all'arco delle didascalie di Watchmen.
Le altre le vedremo nei prossimi post.

PS
Tavole e traduzione sono copyright degli aventi diritto, e sono tratte da Watchmen – Sotto la Maschera, I classici del fumetto di Repubblica Serie Oro 26, 2005 (DC Comics e Panini S.p.A.) e da Martin Mystère #1 (Daim Press) e Dylan Dog – Speciale numero 5 (Sergio Bonelli Editore).

mercoledì 14 marzo 2012

Fida Dida 2 - Verba et scripta (Meno 12.3 al BigT)


E, dopo un po' troppo tempo, torniamo alle didascalie e al loro uso.

Come avevo accennato, in DanG.E.R. la mia intenzione era quella di inserire nelle didascalie la "voce fuori campo".
Non una didascalia da narratore onnisciente, il luogo\data o "Nel frattempo..." così classici da Tex. No, volevo che le didascalie fossero il resoconto delle parole dette o pensate da un personaggio, una potenzialità linguistica che può nascere solo dalle potenzialità dei media che uniscono parole a immagini.
Dovevano legarsi alle immagini per analogia di somiglianza o di contrasto, oppure arricchire l'introspezione del parlante attraverso il pensiero "straniato" rispetto all'azione descritta.

Mica facile farlo bene, ma i buoni maestri da cui imparare ci sono.

Nel mio amato "Scrubs" JD fa commenti che trovano rispondenza nelle immagini che possono non averlo di fronte. Si tratta dei suoi pensieri, che danno il fil rouge di tutto l'episodio, e infatti dominano fin dalla prima scena "vera" dell'occasionale trama.

Alan Moore, in quella fonte pressoché infinita di illustrazione delle potenzialità del fumetto che è Watchmen... (e qui devo riprendere: periodo troppo lungo e pomposo, ma visto che parlavamo di Watchmen ce lo dobbiamo permettere).

Restart.

In Watchmen, Alan Moore usa diverse volte la "voce fuori campo".
Non trascrive il pensiero, ma riporta parole effettivamente pronunciate (concessa la sospensione dell'incredulità, ovviamente)... o scritte altrove.
E rafforza la sperimentazione abolendo completamente la didascalia informativa e onnisciente.

Il suo procedimento è quello di sottolineare in modo analogico (per somiglianza o per opposizione, appunto), attraverso la voce esterna, le immagini o gli altri discorsi fatti in una singola vignetta.
Insomma: come JD potrebbe dire che a volte le coppie litigano, e le immagini (e le voci "in diretta") ci riportano un litigio tra Carla e Turk, così Alan Moore usa le didascalie.

Le didascalie proseguono un discorso autonomo, staccato eppure unito a ciò che accade nella vignetta.
Per indicare che nulla avviene per caso, che tutto è interrelato, probabilmente.

In fondo Watchmen è un fumetto corale, un esempio di sincronicità, un meccanismo a orologeria, no?

In realtà lo stregone Alan vuol giocare col medium fumetto, e quindi non si limita a una sola modalità di voce esterna.

Innanzitutto va chiarita l'affermazione di sopra.

Pensieri e parole (scritte).

Perchè il piano della voce fuori campo è molteplice.

Le didascalie possono riportare:
1) Il Diario di Rorschach;
2) Il testo (in didascalia di pensiero nell' "originale"!) del fumetto dei pirati, cioè degli albi "Le storie del Vascello\Mercantile Nero";
3) Dialoghi effettivamente pronunciati in un'altra scena che proseguono, come voci fuori campo, su vignette che riportano flashback o scene contemporanee che però si svolgono altrove;
4) Il diario del Dottor Long (lo psichiatra che esamina Kovacs\Rorschach in prigione);
5) Pensieri veri e propri del personaggio in scena (capitolo IV, ma lì il Dr. Manhattan è da solo su Marte e "vede" la sua storia);
6) Il capitolo VII, che apparentemente ne è privo. Ma, a leggere bene, a casa di Dan la televisione fa da voce in sottofondo, a contrappuntare, appunto (e scusate il bisticcio), ciò che avviene "in primo piano". Benché tecnicamente l'audio della televisione non sia un fuori campo, tuttavia la sua funzione narrativa e linguistica è la stessa.

Pian piano vedremo esempi di tutte queste tecniche.

PS. Da notare che un solo episodio non ha la voce fuori campo: è il XII e conclusivo, dove però non c'è alcun flashback e dove si ricostruisce l'aristotelica unità di luogo.
Ma qui tutti i personaggi sono praticamente nello stesso luogo: a che pro, quindi, la voce fuori campo?